Arsenico nell’acqua e rischi per la salute

23/01/2020

L’Arsenico, il cui simbolo chimico è ‘As’, è un semimetallo appartenente al gruppo 15 della tavola periodica, numero atomico 33, peso atomico 74,92; di origine naturale ma anche antropogenica e presente nell’ambiente sia in forma organica che inorganica.

La forma inorganica che comprende la forma trivalente (arsenito) e quella pentavalente (arseniato), è la forma tossica per gli esseri umani; in particolare la forma trivalente è più pericolosa e difficile da eliminare. Inoltre l’arsenico inorganico viene rapidamente e quasi completamente assorbito subito dopo l’ingestione all’apparato gastrointestinale e successivamente si  distribuisce in quasi tutti gli organi, attraversando anche la barriera placentare. La forma organica dell’arsenico invece è poco assorbibile, e viene facilmente eliminata attraverso le feci e le urine ed è molto meno tossica.
Nell’acqua solitamente l’arsenico è presente solo nella forma inorganica, mentre la forma organica è presente principalmente negli alimenti.

Per quanto riguarda gli effetti sulla salute a seguito di esposizione cronica all’arsenico, lo IARC (Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro) lo classifica come elemento cancerogeno certo per l’uomo; in particolare sono stati classificati nel gruppo I (cancerogeni umani)  proprio i composti inorganici dell’arsenico. Una dose continua giornaliera che supera 0,3 fino a 8 microgrammi/Kg di peso corporeo dà un rischio supplementare rispetto a quello standard dell’1% per ciascuna patologia. In generale, i maggiori effetti sulla salute si possono riscontrare nei bambini a causa del peso corporeo inferiore.

Di recente, una ricerca pubblicata dall’AHA Journals ha dimostrato che la concentrazione di arsenico ha effetti anche sul cuore e aumenta il rischio di infarto e di malattie cardiovascolari. Fa sicuramente riflettere che nella prima metà del Novecento parecchi preparati a base di arsenico erano usati in ambito medico. Nonostante la notevole quantità di dati sull’associazione tra sviluppo di tumori e consumo di arsenico nell’acqua da bere, rimane una considerevole incertezza sui rischi effettivi per l’esposizioni a basse dosi.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha proposto come valore limite per l’acqua potabile la concentrazione di arsenico di 0,01 mg/litro. Tale valore è stato fissato nella parte B dell’allegato I della direttiva europea 98/83CE sull’acqua destinata al consumo umano, recepita in Italia con il Decreto Legislativo n°31 del 2/2/2001, che per l’appunto prevede una quantità massima di 10 μg/l di arsenico nelle acque destinate al consumo umano. Questo valore vuole garantire che le acque destinate al consumo umano possano essere consumate in condizioni di sicurezza nell’intero arco della vita. Tale decreto ha abbassato da 50 a 10 μg/l il limite previsto per l’arsenico nelle acque potabili, proprio a causa della sua potenziale cancerogenità e i rischi per la salute umana. Nel 99% delle analisi fatte si registra una conformità, e sono rari i casi in cui i valori non rientrano nei limiti di legge. Esiste comunque la possibilità per tutti gli stati membri di richiedere delle deroghe triennali per un numero massimo di 3 volte al fine di risolvere i problemi che non permettono il temporaneo rispetto del valore limite e non invece per chiedere altre deroghe. Infatti valori più elevati sono accettabili solo per un tempo limitato senza rischi per la salute umana. 

Per legge, anche i produttori di acqua in bottiglia sono obbligati a rispettare il limite di concentrazione di 10 μg/l di arsenico, ma non c’è l’obbligo però di indicarne i valori analitici sull’etichetta. Anche se ciò, darebbe la possibilità al consumatore di orientarsi verso i prodotti con concentrazioni più basse di arsenico per ridurre così al minimo l’esposizione. Tuttavia le autorizzazioni per il riconoscimento delle acque minerali vengono rilasciate dal Ministero della Sanità solo dopo un meticoloso controllo della presenza di arsenico, eliminando o imponendo azioni correttive per quelle che superano i 10 μg/l . Da ultimo, le ASL in collaborazione con i laboratori ARPA, controllano sia le sorgenti (trimestralmente) sia le linee d’imbottigliamento (mensilmente), oltre che effettuare verifiche casuali nei punti di commercializzazione.

Infine, bisogna comunque fare molta attenzione a questa soglia perchè in alcuni sottosuoli l’arsenico è presente naturalmente e dunque viene rilasciato dai sedimenti direttamente nelle falde acquifere, e quindi rischia di sgorgare dai rubinetti delle nostre cucine. Una situazione simile si è infatti verificata negli ultimi anni anche a Mantova, in parecchi comuni, e interessa quei cittadini che non sono allacciati all’acquedotto pubblico, ma che utilizzano pozzi privati a scopo idropotabile. Tuttavia, la presenza di arsenico nelle falde acquifere non deriva solo da un fenomeno naturale; infatti spesso viene immesso nell’ambiente soprattutto a causa delle industrie, congiuntamente a sostanze fossili e pesticidi.

Attualmente fortunatamente esistono differenti soluzioni per eliminare e/o ridurre l’arsenico nell’acqua; in ambito industriale solitamente vengono utilizzati uno o una combinazione dei seguenti processi: ossidazione/precipitazione/filtrazione, assorbimento, scambio ionico, filtrazione su membrana, mentre in ambito domestico, dove gli spazi sono più ridotti, si può ricorrere all’uso di membrane, resine a scambio ionico e filtri con materiali adsorbenti. Sembra che gli impianti che utilizzano membrane ad osmosi inversa riescano a ridurre ben il 95% dell’arsenico; soprattutto quello pentavalente, invece la forma trivalente viene trattenuta con minori risultati. Anche le resine a scambio ionico, nella forma anionica, funzionano bene nei confronti della forma pentavalente; il classico carbone attivato invece ha un’efficacia modesta e infine l’assorbimento con specifiche resine macropore dà buoni risultati sia nei confronti della forma penta che trivalente; per cui complessivamente la riduzione totale dell’arsenico è molto significativa e generalmente è sufficiente per far rientrare a norma di legge i casi di superamento.


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