Barriere fotoelettriche di sicurezza: come e perché sceglierle

21/11/2018

La fase di progettazione di una macchina è la più delicata ed importante poiché è proprio in questo momento che si può e soprattutto si deve renderla sicura in accordo a quanto stabilito dalle normative vigenti. Un livello accettabile di sicurezza di una macchina può essere raggiunto attraverso l’utilizzo combinato di dispositivi di protezioni di diversa natura. La gamma dei dispositivi di protezione che vengono adottati si differenzia a seconda delle situazioni e criticità emerse durante la fase di progettazione della macchina. I dispositivi di protezione che vengono adottati più frequentemente sono le barriere fisse e i ripari interbloccati.

Quello che “guida” un progettista attraverso la scelta di un tipo di dispositivo di protezione rispetto ad un altro è dato principalmente dalla necessità di trovare un buon compromesso tra il mantenimento di un alto livello di produttività della macchina e la sicurezza degli operatori che saranno chiamati ad utilizzarla quotidianamente, una volta che questa sarà messa in commercio. Un sistema alternativo e che presenta diversi vantaggi rispetto alle barriere fisse e ai ripari interbloccati è rappresentato dalle barriere fotoelettriche.

Di fatto, le barriere fotoelettriche sono dei veri e propri “dispositivi di sicurezza”, alla pari dei ripari fissi e degli interblocchi, in quanto esse sono componenti:

  • Destinati ad espletare una funzione di sicurezza;
  • Immessi sul mercato separatamente;
  • Il cui guasto, ovvero malfunzionamento, mettono a repentaglio la sicurezza delle persone;
  • Che non sono indispensabili per lo scopo per cui è stata progettata la macchina o che per tale funzione possono essere sostituiti con altri componenti.

Le barriere fotoelettriche sono concepite in modo che utilizzino la stessa logica degli interblocchi ma con sistema completamente diverso. I ripari interbloccati non sono altro che ripari fissi a cui sono stati applicati dei microinterruttori che, se “aperti”, interrompono i movimenti pericolosi della macchina; allo stesso modo le barriere fotoelettriche, se intercettate arrestano gli organi della macchina che si considerano pericolosi qualora venissero a contatto con l’operatore.

Così come per i cancelli interbloccati, anche per le barriere fotoelettriche, quando intercettate è necessario effettuare il ripristino solo se è opportuno riprendere il normale funzionamento della macchina. Esistono diverse modalità per ripristinare il funzionamento delle barriere fotoelettriche in base al diverso tipo di barriera e della funzione che svolge.

Le modalità di ripristino sono riassumibili in tre diverse tipologie:

  • Il riarmo manuale supervisionato: una volta intercettati i raggi, si ottiene l’arresto delle macchine all’interno della zona protetta e l’accensione di una lampada di segnalazione; per effettuare il ripristino è necessario agire su un pulsante di riarmo della barriera il quale deve essere collocato in un punto tale per cui non risulti essere raggiungibile dall’operatore che si trova all’interno della zona protetta;
  • Il riarmo temporizzato supervisionato: questa modalità di ripristino può essere utilizzata quando vi sono zone di lavoro in cui non è sempre possibile stabilire la presenza di un operatore all’interno dell’area protetta; il ripristino deve avvenire necessariamente premendo prima un pulsante “1” e poi un pulsante “2” entro un arco di tempo prestabilito (i due pulsanti non si devono trovare uno accanto all’altro, ma devono essere posizionati a debita distanza tra loro);
  • Il riarmo automatico: questo tipo di ripristino è utilizzato quando vi è la necessità di controllare un’intera area di lavoro; (ad esempio, nel momento in cui il raggio è attivo, indica la presenza di un robot in una determinata area e viene arrestato il suo movimento qualora un operatore entri nella stessa area. Quando il raggio non è più interrotto, l’unità di controllo viene ripristinata automaticamente).

Le barriere fotoelettriche sono solitamente composte da due unità: la prima è detta “emittente” mentre la seconda “ricevente”; in mezzo a queste due unità passano una serie di raggi infrarossi, paralleli, uguali ed equamente separati tra loro, la distanza fra l’asse di un raggio e l’altro stabilisce la “risoluzione” del dispositivo di protezione. Oltre alla “risoluzione” però, ci sono altre caratteristiche (o specifiche tecniche) che il progettista della macchina deve ricercare qualora decidesse di utilizzare come dispositivo di protezione una barriera fotoelettrica; queste caratteristiche riguardano l’altezza (o la profondità) controllata dalla barriera, la portata, che è la distanza massima a cui possono essere installate le due unità (emettente e ricevente), e il tempo di risposta, cioè il tempo impiegato dal dispositivo per inviare il segnale d’allarme una volta che un oggetto o un operatore entrano nella zona protetta dalla barriera.

Detto questo, andiamo a vedere quali sono i vantaggi che i dispositivi di protezione come le barriere fotoelettriche possono offrire; essi sono dati da:

  • Maggiore efficacia in caso di malessere o di distrazione da parte dell’operatore;
  • Aumento della produttività della macchina, poiché le barriere fotoelettriche non richiedono la rimozione di ripari fissi;
  • Maggior velocità nelle operazioni di carico e scarico del materiale da lavorare sulla macchina;
  • Diminuzione dei tempi di accesso alle zone lavorative;
  • Riduzione del rischio di manomissione (qualsiasi intervento non regolare sul dispositivo di protezione provoca l’arresto della macchina);
  • Semplicità e rapidità nella fase di installazione;
  • Maggior capacità di adattamento sulla macchina rispetto alle barriere fisse o interbloccate;
  • Possibilità di realizzare protezioni e coprire grandi aree, a costi molto ridotti;
  • Praticità e rapidità di manutenzione della macchina in quanto non devono essere rimosse protezioni fisse come griglie, cancelli ecc.;
  • Miglioramento estetico ed ergonomico della macchina.

Tuttavia l’utilizzo delle barriere fotoelettriche non è sempre indicato; è importante osservare come tali dispositivi di protezione non sono assolutamente da scegliere e da utilizzare, per esempio, in caso di rischio di proiezione di schegge, di fluidi ad alta temperatura o altri tipi di pericoli (come nei cicli di saldatura o durante le attività di molatura) poiché essi, a differenza delle barriere fisse, non sono costituiti da parti fisiche che si possono interporre tra operatore e macchina.

La normativa tecnica che definisce tutti gli accorgimenti necessari per un utilizzo corretto di questi dispositivi è la IEC 61496. Essa è strutturata in quattro parti e in ognuna di queste sono contenuti i requisiti di progetto ed i metodi di prova di una diversa categoria di barriere fotoelettriche. La IEC 61496 divide le barriere fotoelettriche in base al “tipo” di sicurezza che deve essere utilizzato per la progettazione e la realizzazione di una macchina che soddisfi tutti i R.E.S. (Requisiti Essenziali di Sicurezza) ad essa applicabili. Il “tipo” definisce il livello di sicurezza che il dispositivo è in grado di raggiungere.

Prima di procedere con l’acquisto e l’installazione di una barriera fotoelettrica, è molto importante effettuare una ricerca che va eseguita tenendo conto di alcuni fattori che potrebbero determinare la scelta di un “tipo” di sicurezza rispetto ad un altro; queste discriminanti sono rappresentate dalla conformità rispetto alla Direttiva Macchine 2006/42/CE (con la relativa documentazione necessaria) e la conformità rispetto alle norme tecniche di riferimento CEI EN 61496-1 e CEI EN 61496-2. Oltre a questo, il dispositivo deve possedere i valori di affidabilità richiesti dalla normativa UNI EN ISO 13849-1 che devono anche essere in linea con le esigenze emerse in fase di progettazione della macchina.

Un altro aspetto che è bene prendere in considerazione qualora si decida di installare una o più barriere fotoelettriche a protezione di una macchina, è la distanza alla quale si intende posizionare tali dispositivi. Per rendere efficace il funzionamento di una barriera fotoelettrica, questa deve essere disposta necessariamente ad una distanza minima di sicurezza dalla zona pericolosa, in modo tale da impedire all’operatore il raggiungimento della zona presidiata con gli organi pericolosi della macchina ancora in movimento.

Ma come possiamo determinare la distanza alla quale si deve installare una barriera fotoelettrica?
Fortunatamente interviene in nostro aiuto un’altra normativa tecnica, la quale si occupa di indicare la corretta distanza minima a cui si deve porre una barriera; questa è la ISO 13855 che fornisce tutti gli elementi utili per il calcolo della distanza minima di sicurezza.

Tale distanza può essere generalmente calcolata attraverso l’equazione:

S = ( K * T ) + C

Dove:

S ► È la distanza minima che si deve prevedere per il posizionamento di una barriera fotoelettrica (mm);
K ► È la velocità di avvicinamento dell’operatore o dell’oggetto (mm/s);
T ► È il tempo impiegato dalla macchina per arrestare i propri movimenti (s);
C ► È la distanza di intrusione e cioè la distanza tra un raggio e l’altro (mm).

Ora, come abbiamo potuto apprendere, i fattori che influenzano la scelta di una barriera fotoelettrica sono molteplici così come le soluzioni offerte dagli stessi dispositivi. Per questo motivo, prima di procedere con l’acquisto di una barriera fotoelettrica, è necessario affidarsi a consulenti di comprovata esperienza nel settore, in grado di fungere da supporto e da punto di riferimento per l’acquirente, durante tutte le fasi, dalla progettazione all’installazione, fino anche alle verifiche di controllo necessarie al mantenimento dell’efficienza di tali dispositivi.

Per questi servizi MADE HSE mette a disposizione dei clienti la propria esperienza nel settore e grazie al suo team di esperti effettua valutazioni della conformità delle macchine, individuando se e quali dispositivi di protezione sono necessari.

 

Area Sicurezza Processi Produttivi

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