Dopo la sentenza 17438 della Corte di Cassazione, che ha respinto il ricorso con il quale l’INAIL ha contestato il diritto alla rendita per malattia professionale (con invalidità dell'80%) attribuito dalla Corte d’Appello di Brescia a favore del lavoratore che, per cinque-sei ore al giorno per dodici anni, aveva usato il telefonino, contraendo un tumore maligno. L’INAIL ha pubblicato sul suo sito, un articolo dell’avvocato generale, che spiega come l'utilizzo massiccio dei cellulari non comporta un 'probabile' rischio cancerogeno e, di conseguenza, non può configurarsi come un elemento di certezza probante per il riconoscimento di una malattia professionale.
L’Avv. Luigi La Peccerella, avvocato generale dell'INAIL, spiega che la Corte di Cassazione non ha espresso un giudizio sulla nocività dei cellulari, dunque la sua decisione non si traduce in un principio di carattere generale in ordine alla cancerogenicità delle onde elettromagnetiche. L’avvocato generale sostiene che essa non ha sentenziato sulle evidenze scientifiche, che, allo stato attuale delle conoscenze, non consentono di ritenere le onde elettromagnetiche emanate dai dispositivi di telefonia mobile, un 'probabile' elemento di rischio tumorale: “Quella della Cassazione è una sentenza che ha deciso esclusivamente la fattispecie sottoposta al vaglio della Corte e, dunque, non contiene l'affermazione di un principio di carattere generale per quanto riguarda la cancerogenicità di queste apparecchiature".
L’articolo in oggetto è consultabile sul sito INAIL. Per completezza di informazioni, è bene ricordare che lo scorso 2011, la IARC ha pubblicato i risultati dello studio del gruppo di ricercatori, coordinato da Jonathan Samet, secondo il quale i telefonini devono essere inclusi nella categoria 2B, quella che comprende le sostanze “potenzialmente cancerogene per gli individui”.
Il rischio si riferisce alla contrazione del glioma, un tumore cerebrale, e del neurinoma acustico, che riguarda l'ottavo nervo cranico e quindi interessa le funzioni dell'udito e dell'equilibrio, mentre non ci sono evidenze per altri tipi di tumore. Un ulteriore studio condotto dai ricercatori appartenenti al gruppo coordinato dal dottor Lennart Hardell, afferma che il rischio cresce al prolungarsi dell'esposizione nel tempo, con un aumento del 5% per ogni 100 ore di utilizzo del cellulare, che può arrivare al 280% dopo i primi dieci anni. In generale, va detto che all'interno della comunità scientifica sono presenti da tempo posizioni del tutto contradditorie tra loro. Ad esempio, lo studio Interphone (IP), condotto da 13 Paesi, tra cui anche l'Italia e coordinato tra l'altro dalla stessa IARC, non vi sarebbe un “legame conclusivo tra cellulari e tumori al cervello”.