La classificazione di un rifiuto contenente idrocarburi, ovvero stabilire se esso è pericoloso o meno, non è un’operazione banale ed immediata, a causa della natura stessa degli idrocarburi (miscele complesse di molte sostanze, spesso di difficile se non impossibile identificazione e separazione) e le stesse autorità competenti non sempre arrivano a pareri condivisi al riguardo.
Anche l’Istituto Superiore di Sanità ha emanato pareri in merito a partire dal 2004, che vengono riportati per esteso sul sito del Dipartimento Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria dell’Istituto Superiore di Sanità al seguente link.
Nel 2009 è stata promulgata una legge (Legge n.13 del Febbraio 2009) secondo la quale per la classificazione di questi rifiuti si deve far riferimento proprio a tali pareri (del 2004 e del 2006) ed a quelli che verranno emanati in futuro dall’Istituto stesso, eletto come l’ente di maggiore autorevolezza in materia. Le industrie e tutti gli enti produttori di tali rifiuti dovranno dunque adeguarsi ai criteri di classificazione proposti dall’ISS.
Nella consapevolezza dell’impossibilità tecnica di determinare l’origine degli idrocarburi contenuti in un rifiuto, le posizioni espresse nei quattro pareri ad oggi emanati dagli esperti dell’ISS, consigliano complessivamente di ricercare in un rifiuto - di cui non si conosce l’origine - dei markers di pericolosità, in particolare di cancerogenicità e mutagenicità (di solito idrocarburi aromatici) e di classificare tale rifiuto come pericoloso se la concentrazione di almeno uno dei markers eventualmente riscontrato supera la soglia limite di 0.1% (salvo limiti specifici per alcune sostanze).
In mancanza di direttive che stabiliscano soglie limite per le sostanze ritenute pericolose, l’Istituto ha emanato uno specifico parere ad agosto 2010, sempre riportato al link di cui sopra, consigliando di assumere per gli idrocarburi pesanti lo 0,25% come soglia limite, in assenza di informazioni certe di ecotossicità.