Consulente Tecnico d’Ufficio: Poteri e limitazioni

06/02/2020

In questo approfondimento, prendendo spunto da una recente sentenza della Corte di Cassazione Civile relativa ad un accertamento di responsabilità medico-chirurgica, ripercorriamo ruolo, poteri istruttori e vincoli del Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU), professionista tecnico o scientifico chiamato spesso dai magistrati ad esprimersi su vicende che richiedono competenze specialistiche di settore per la corretta valutazione della rilevabilità dei fatti.
 
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La sentenza in oggetto è la n. 31886 del 6 dicembre 2019 e si riferisce alla vicenda di sanitari chiamati in giudizio a seguito della morte di una paziente per difendersi dall’accusa dei familiari ricorrenti di non aver informato in modo adeguato la paziente dei rischi dell’intervento, di non aver effettuato una prestazione operatoria corretta e un trattamento terapeutico secondo le migliori pratiche.

Viene richiesto un CTU a supporto del Giudice di Appello con l’incarico di esprimersi circa
  • l'immagine e il referto, dimostrativi della diligenza o negligenza del sanitario (in questo caso due elementi che rappresentano "fatti costitutivi" della domanda, cioè fondanti la richiesta);
  • l'accertamento del grado di accuratezza consentito dal macchinario usato per la diagnosi o la sua tecnica costruttiva ("fatti tecnici secondari" accertabili dal CTU attraverso la richiesta di informazioni alla ditta costruttrice).
Il CTU, per poter redigere la propria relazione peritale, di propria iniziativa acquisisce due cartelle cliniche dall’Azienda Ospedaliera convenuta, documenti mai da questa allegati agli atti di causa. Inoltre l’acquisizione di questi documenti non era mai stata autorizzata dal giudice, nè poteva dirsi legittima ai sensi dell’art. 194 c.p.c., il quale non consente al CTU l’acquisizione di documenti dalle parti, ma solo l’assunzione di informazioni e chiarimenti.
Inoltre i documenti acquisiti di propria iniziativa dal consulente tecnico presso l’Azienda Ospedaliera non erano stati allegati alla consulenza, nè mai resi disponibili alle parti. Infine dal contenuto della consulenza tecnica d’ufficio si desumeva che le cartelle cliniche acquisite dal consulente non erano conformi a quelle prodotte in giudizio dagli attori.

La suprema Corte Civile rispetto alla vicenda si è espressa chiarendo che il CTU non avrebbe dovuto di propria iniziativa acquisire documenti da fonti esterne dal momento che gli stessi non erano stati prodotti in giudizio dalle parti ma avrebbe dovuto esprimersi solo sui documenti disponibili. Quindi la consulenza è nulla e il procedimento viene rimesso di fronte ad un nuovo giudice di Appello.

La Corte ha inoltre precisato i termini dell’orientamento prevalente circa i poteri del Consulente Tecnico d’Ufficio.
  • non può indagare su situazioni non prospettate dalle parti perchè sono le sole che possono portare all'attenzione le questioni oggetto del contendere (Cass. Civ. 1020/2006);
  • non può accertare fatti costitutivi (cioè fondanti) della domanda o dell'eccezione perchè l'onere della prova spetta alle parti (Cass. Civ.4729/2015)
  • l'accertamento della fondatezza di domande ed eccezioni è ad appannaggio del giudice e non del consulente.
Quali sono quindi in sintesi, al di là della specifica vicenda, le attribuzioni riconosciute al Consulente Tecnico d’Ufficio dalla legge e quali i suoi margini di azione ?

Il CTU è un ausiliario del giudice istruttore (in sede civile, amministrativa o penale) e come tale è tenuto ad accertare fatti di natura tecnica ed accessoria sottoposti alla sua indagine e ad esprimersi allo stato degli atti (cioè in base alla documentazione prodotta in giudizio dalle parti).

Le tipologie di consulenza che può prestare sono sostanzialmente due:
  1. la “consulenza deducente”: dove il CTU è chiamato a valutare fatti già accertati dal giudice
  2. la “consulenza percipiente”: dove il CTU deve dimostrare situazioni non già dimostrate in giudizio e che sono accertabili solo tramite cognizioni tecniche. La consulenza percipiente viene per esempio disposta per l’acquisizione di dati (tecnici, scientifici, statistici ecc.) la cui valutazione è rimessa all’ausiliario del Giudice (CTU) che si esprime su documenti prodotti dalle parti (Sent Cass. Civ. 18770/2016). Nel caso di consulenza percipiente la consulenza diventa fonte oggettiva di prova (Sent. Cass. Civ. 4722/2013) come potrebbe essere nel caso di consulenza di accertamento di responsabilità medico chirurgica dove è innegabile la necessità di conoscenze tecniche specialistiche per consentire al magistrato la corretta comprensione della situazione e la valutazione di rilevabilità dei fatti.
I poteri istruttori attribuiti dall’art. 194 c.1 del codice di procedura civile (c.p.c.) sono i seguenti:
  • svolge indagini assegnate dal giudice (art. 62 c.p.c);
  • chiede chiarimenti alle parti;
  • assume informazioni da terzi;
  • può eseguire rilievi;
  • può essere richiesto di fornire chiarimenti dalle parti;
  • può assumere informazioni da terzi senza autorizzazione se le notizie riguardano fatti secondari della controversia (cioè di ambito strettamente tecnico e relativi a quanto già noto in sede processuale e non relativi a “fatti costitutivi” che è necessario siano dedotti e provati dalle parti);
  • può consultare documenti tecnici pubblici indicandone la fonte di acquisizione e sottoponendoli al vaglio del contraddittorio (ad es. manuali di uso e manutenzione di macchine/impianti, schede tecniche, dati statistici, schemi di impianto, dati tecnici o scientifici, studi di settore ecc.);
  • redige una relazione peritale a conclusione della consulenza tecnica d’ufficio.
La mappa concettuale riportata in allegato riassume i punti richiamati nella Sentenza in esame.
 
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