Analizzando il fenomeno degli infortuni sul lavoro cercando di individuarne la cause, tutti i tecnici della sicurezza sono concordi nel riconoscere alla fonte, la presenza di un grande problema culturale. La sicurezza sul lavoro non è adeguatamente percepita come un valore fondamentale, nemmeno dai destinatari diretti delle misure di prevenzione, ovvero nemmeno dagli stessi lavoratori.
Questo grave deficit culturale, parente stretto della difficoltà che abbiamo noi italiani, verso il rispetto delle regole in generale, di qualunque settore e contesto si stia parlando, determina spesso sul lavoro la scelta di adottare comportamenti scorretti, perché ritenuti meno “impegnativi”, ovvero più comodi e più veloci nel portare all’obiettivo da raggiungere.
Dunque, anche in quelle realtà produttive nelle quali si affrontino importanti investimenti strutturali per la conformità di impianti, macchine e luoghi di lavoro e nelle quali si registrino bassi indici nelle statistiche di frequenza e gravità degli infortuni, incombe costantemente una elevata probabilità che si verifichino infortuni, che possono determinare danni anche gravi, a fronte del manifestarsi di comportamenti non rispettosi delle regole e delle procedure di sicurezza e non conformi alla specifica formazione ricevuta.
Questo fenomeno appare chiaramente nella sua rilevante dimensione, se si procede, come sempre si dovrebbe fare, a registrare ed analizzare anche i quasi infortuni.
Eppure, questa inconfutabile realtà, così chiaramente evidente a chi si occupa di prevenzione frequentando realmente gli ambienti produttivi, anziché immaginandoli da dietro una scrivania, sembra invece ancora oggi sfuggire proprio a chi deve analizzare gli eventi, ricostruirne la dinamica ed individuarne le eventuali responsabilità.
Infatti, quando gli organi giudicanti si trovano di fronte a casi riguardanti comportamenti scorretti, la decisione che viene presa volge sempre nella stessa immancabile direzione: parlando si sicurezza sul lavoro, il datore di lavoro deve ottemperare ai propri obblighi di vigilanza anche rispetto al possibile comportamento imprudente o negligente del lavoratore verso la propria ed altrui sicurezza, anche oltre il limite dell’abnormità delle azioni messe in atto.
Tutto ciò trova pronta, immediata ed ulteriore conferma ad esempio, esaminando alcune sentenze pronunciate molto recentemente dalla Corte di Cassazione (23/1/2017 n. 3351 e 30/1/2017, n. 4201) proprio sul tema del comportamento abnorme del soggetto terzo (sia esso un lavoratore o altro soggetto), laddove tale abnormità di comportamento viene sostenuta come argomento a propria difesa dal datore di lavoro, imputato di lesioni o omicidio colposo commesso in violazione delle norme di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
Se questa è la realtà dei fatti, viene naturale domandarsi quale tutela possa fornire al datore di lavoro, al di là degli aspetti morali ed etici, ottemperare ai propri obblighi di informazione e formazione generale e specifica nei confronti dei lavoratori, se poi, anche a fronte di palesi violazioni delle istruzioni fornite, in caso di infortunio verrà contestata comunque al datore di lavoro stesso, la responsabilità penale.
Appare chiaro che tale responsabilità esiste senza dubbio, in tutti quei casi in cui, nonostante le regole siano state stabilite e rese note, si tollera poi abitualmente la loro violazione.
Negli altri casi invece, in cui tale tolleranza non esiste, le sentenze comunque sistematicamente sfavorevoli sembrano quasi suggerire che ormai, nel campo degli infortuni sul lavoro, si vuole imporre la sussistenza di una vera e propria responsabilità oggettiva in capo al datore di lavoro, responsabilità oggettiva notoriamente esclusa dal nostro ordinamento, fin dalla nascita della nostra tanto amata quanto sistematicamente violata, Costituzione della Repubblica Italiana.
In base a quanto sopra, i datori di lavoro dovrebbero ulteriormente preoccuparsi per quello che sarà il loro futuro nella gestione di queste tematiche, se si esamina ad esempio il disegno di legge recentemente proposto al Senato (lo scorso 9/2/2017), che riguarda il progetto di introduzione nel Codice Penale del reato di omicidio sul lavoro e del reato di lesioni personali sul lavoro gravi o gravissime (una sorta di analogia con quanto è stato fatto per l’omicidio stradale), nel quale si propone di modificare gli articoli 589 e 590 del Codice Penale (e di conseguenza anche una serie di articoli collegati del D.Lgs81/08 e del D.Lgs.231/01) introducendo condanne penali pesantissime: ad esempio, reclusione da due a sette anni per omicidio colposo, reclusione da otto a dodici anni in caso di violazione anche dell’art.28 D.Lgs.81/08 (DVR), reclusione da cinque a dieci anni in caso di violazione anche dell’art.70 D.Lgs.81/08 (attrezzature di lavoro non conformi) e così via.
Area Sicurezza impianti e processi produttivi