Interposizione fittizia dell’appalto
Il reato di interposizione fittizia dell’appalto in Italia viene disciplinato da una serie di norme tra cui il D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 di Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, che contiene disposizioni specifiche che vietano e puniscono le forme di interposizione illecita di manodopera.
Insieme all’art. 1655 cod. civ. stabilisce i criteri per distinguere un genuino contratto di appalto da uno fittizio che maschera un’interposizione illecita. Inoltre, l’art. 38 bis del D.Lgs. n. 81/2015 e l’art. 603 bis c.p. sono ulteriori norme che definiscono e sanzionano l’interposizione illecita o somministrazione fraudolenta e l’intermediazione illecita di manodopera con sfruttamento del lavoro.
L’interposizione fittizia si verifica quando un soggetto interposto (apparente appaltatore) assume manodopera, la retribuisce e la mette direttamente a disposizione dell’originario committente, senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo. In pratica, l’appaltatore gestisce solo i compiti amministrativi del rapporto di lavoro (come retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), ma i lavoratori sono effettivamente inseriti nell’impresa del committente.
Quando si configura il reato di interposizione fittizia dell’appalto
Il reato di interposizione fittizia dell’appalto può configurarsi in diverse situazioni, tra le più comuni si possono citare:
- Appalti endoaziendali: Questi sono caratterizzati dall’affidamento ad un appaltatore esterno di attività strettamente attinenti al complesso ciclo produttivo del committente. In questi casi, l’appaltatore mette a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all’appaltatore i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo.
- Utilizzo di capitali, macchine ed attrezzature fornite dall’appaltante: L’utilizzo da parte dell’appaltatore di capitali, macchine ed attrezzature fornite dall’appaltante non dà automaticamente luogo alla violazione del divieto, ma può essere un indicatore di interposizione fittizia.
- Somministrazione illecita di manodopera mascherata: Questa situazione si verifica quando la somministrazione illecita di manodopera è mascherata dietro l’apparente indicazione di diverse tipologie di lavori o di fittizi contratti di appalto di servizi.
Indici rivelatori della genuinità o meno di un appalto
Gli indici rivelatori della genuinità dell’appalto, come previsto dall’art. 1655 c.c. e dall’art. 29 del D.Lgs. 276/2003, sono:
- Assunzione del rischio d’impresa: L’appaltatore deve assumere il rischio associato all’esecuzione dell’opera o del servizio.
- Organizzazione dei mezzi necessari: L’appaltatore deve organizzare i mezzi necessari per l’esecuzione dell’opera o del servizio.
- Esercizio dei poteri datoriali: L’appaltatore deve esercitare in concreto tutti i poteri datoriali.
- Utilizzo di mezzi di proprietà del committente: Recentemente, la Corte di Cassazione ha affermato che l’appalto può essere considerato genuino anche quando si utilizzano mezzi di proprietà del committente (cfr Sent. Corte di Cassazione, Sezione Lavoro Civile, del 8 luglio 2020 n. 14371).
Gli indici e i criteri rivelatori di un appalto non genuino, elaborati dalla giurisprudenza, includono:
- Mancanza di assunzione del rischio d’impresa: Se l’appaltatore non assume il rischio associato all’esecuzione dell’opera o del servizio, l’appalto potrebbe non essere genuino.
- Mancanza di organizzazione dei mezzi necessari: Se l’appaltatore non organizza i mezzi necessari per l’esecuzione dell’opera o del servizio, l’appalto potrebbe non essere genuino.
- Mancanza di esercizio dei poteri datoriali: Se l’appaltatore non esercita in concreto tutti i poteri datoriali, l’appalto potrebbe non essere genuino.
- Interferenza del committente: Se il committente interferisce nelle modalità concrete di svolgimento del rapporto di lavoro, l’appalto potrebbe non essere genuino.
Quali controlli possono essere eseguiti
Il provvedimento di diffida accertativa nei confronti del committente utilizzatore è un atto che gli Ispettori del lavoro possono adottare per assicurare ad esempio che i crediti patrimoniali di lavoro, come le differenze retributive non correttamente corrisposte, siano pagati ai lavoratori impiegati nell’appalto.
Questo provvedimento si basa sull’articolo 12 del D.Lgs. n. 124/2004.
Le norme inderogabili che rappresentano indice di fraudolenza nell’appalto includono:
- Imponibili contributivi: Norme che determinano gli imponibili per i contributi.
- Divieti alla somministrazione di lavoro: Norme che stabiliscono divieti specifici alla somministrazione di lavoro.
- Requisiti e limiti per la somministrazione di lavoro: Norme che definiscono i requisiti e i limiti per l’utilizzo della somministrazione di lavoro.
Quali sanzioni sono previste
L’interposizione illecita da pseudo-appalto costituisce un’ipotesi di illecito permanente e si configura quando committente e appaltatore partecipano con le rispettive condotte alla realizzazione del fatto illecito fin dall’atto costitutivo del rapporto in cui i lavoratori vengono di fatto utilizzati al di fuori degli schemi legali dell’appalto quali veri e propri dipendenti dell’appaltante, ma poi la violazione si perpetua in forma permanente nel susseguirsi dei giorni di occupazione.
In caso di interposizione fittizia di manodopera nell’appalto (art. 38 bis del D.Lgs. 81/2015), sono previste diverse sanzioni per l’appaltante e per l’appaltatore:
- Ammenda: Nel caso specifico dell’interposizione illecita di manodopera, le modifiche apportate all’articolo 18 del D.Lgs. n. 276/2003 prevedono una soglia di ammenda compresa tra un minimo di 5.000 e un massimo di 50.000 euro.
- Pena Congiunta: Si ha pena congiunta dell’arresto fino a 18 mesi e dell’ammenda fino a 420,00 euro per ciascun lavoratore e per ciascuna giornata se, nei tre anni precedenti, il soggetto è stato sanzionato per lo stesso illecito.
- Reclusione e Multa: Ai sensi della legge 14 settembre 2011 n. 148 - Art. 12 - Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (art. 603 bis c.p.) - è prevista la reclusione da cinque a otto anni e con la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.
Queste sanzioni sono previste per scoraggiare l’interposizione fittizia di manodopera, attività che può avere gravi conseguenze per i lavoratori coinvolti e per l’integrità del mercato del lavoro.
La giurisprudenza è molto rigorosa nel colpire i fenomeni di fraudolenza nella gestione della esternalizzazione di manodopera. Pertanto, le varie forme di somministrazione contra legem possono avere significative conseguenze, non solo sul piano giuslavoristico afferente più strettamente la tutela del lavoratore, ma anche di natura penale.