La Corte europea di giustizia ha condannato l'Italia per la mancata applicazione entro i termini della direttiva Ue Ippc, sulla prevenzione e la riduzione dell'inquinamento industriale.
Gli Stati membri, in base a tale direttiva, dovevano adottare le misure necessarie per permettere che le autorità competenti potessero controllare, attraverso opportune autorizzazioni, che gli impianti industriali esistenti funzionassero nel rispetto delle prescrizioni indicate dalle norme Ue.
La Commissione europea si era rivolta alla Corte in quanto, alla scadenza del termine del 30 ottobre 2007, numerosi impianti italiani funzionavano senza essere dotati della specifica autorizzazione e tale situazione persisteva anche allo scadere del termine del 2 aprile 2009, previsto nel parere motivato inviato da Bruxelles all'Italia.
Dopo tale termine, è emerso che le autorità competenti italiane non erano neppure in possesso di tutte le informazioni relative al numero di impianti IPPC presenti sul territorio nazionale e alle loro attività.
A fronte di tale sentenza di condanna, il Ministero dell'Ambiente fa rilevare in una nota che, nel biennio maggio 2008/maggio 2010, sono state rilasciate 89 delle 157 richieste di AIA pendenti presso il ministero dai due anni precedenti, denotando una netta inversione di tendenza rispetto all'immobilismo del passato.