In passato la manutenzione non aveva criteri di riferimento ben definiti, se non alcune norme utilizzate in ambienti molto particolari, quali quello militare e dell’aeronautica civile.
Pertanto la “Manutenzione” era rivolta essenzialmente alla struttura produttiva in cui risiedeva l’azienda (allo scopo di evitare il deperimento del fabbricato), ai suoi servizi (per mantenerli efficienti), nonché alla modifica delle linee di produzione e del lay-out di stabilimento; quest’ultima attività veniva normalmente effettuata nel periodo della fermata degli impianti (a cavallo di Ferragosto) quando tutti i dipendenti, esclusi ovviamente quelli della manutenzione, erano in ferie.
La manutenzione degli impianti, ad esclusione del periodo della fermata, veniva quindi effettuata solamente “a guasto”, con operazioni non sempre effettuate da personale qualificato (e, di conseguenza, spesse volte nemmeno condotte in Sicurezza).
Nel tempo, ovviamente, il quadro della situazione è progressivamente mutato: per ragioni di mercato e, quindi, di costo del prodotto finito, si è reso indispensabile ridurre innanzi tutto i tempi di fermo degli impianti di produzione e, successivamente, sono stati richiesti livelli di qualità del prodotto finito sempre più elevati.
Verso la fine degli anni settanta, attraverso studi specialistici rivolti principalmente a settori particolari quali quello aeronautico e quello militare, si viene quindi ad affermare la consuetudine di operare con politiche di manutenzione preventiva ciclica caratterizzate dalla sostituzione periodica dei vari componenti di un impianto. Studi approfonditi di settore hanno tuttavia dimostrato che:
- tali politiche non contribuivano ad aumentare l’affidabilità degli impianti;
- le politiche di revisione e di sostituzione erano molto costose a fronte di benefici affidabilistici di entità minima.
In particolare si è evidenziato, nel corso degli anni, che molti modi di guasto non potevano essere esclusi con le politiche di sostituzione periodica vista l’assenza, in tali componenti, delle fasi di usura (vedi, ad es., fase finale della curva di bathtub).
Inoltre, la sostituzione periodica senza alcuna determinazione analitica degli intervalli di guasto determinava:
- la sostituzione di componenti che potevano possedere una vita residua ancora molto elevata;
- l’introduzione dell’aumento dei tassi di guasto dovuti alla mortalità infantile dei componenti d’impianto.
Tali inconvenienti hanno spinto l’industria aeronautica prima e quella nucleare e chimica poi, a dotarsi di politiche di manutenzione aventi come obiettivo principale l’ottenimento di elevati livelli di affidabilità degli impianti. Tale approccio si sta oramai trasferendo sia ai luoghi di lavoro con rischio convenzionale (presenza, ad es., di rischio chimico, cancerogeno, ATEX, …) che ai settori della costruzione di prodotti (vedi apparecchi ricadenti sotto Direttiva macchine, Direttiva ATEX, Direttiva PED, …).
La Reliability Centered Maintenance (RCM) si sta quindi affermando come una valutazione sistematica delle funzioni di un impianto (più o meno complesso) e dei relativi modi di guasto, volta ad individuare le più efficaci azioni di manutenzione preventiva aventi come priorità la sicurezza dell’impianto e delle persone.
Tale tecnica di analisi identifica i principi di funzionamento dell'unità (sistema/macchina/impianto) sotto controllo o le sue caratteristiche operative, determina le sue modalità di malfunzionamento, seleziona i componenti che possono essere significativi (a vario titolo) per la manutenzione e consente infine di disporre di un piano di manutenzione ottimizzato.
Gli step che devono essere previsti per un’analisi RCM sono normalmente rappresentati da:
- una scomposizione fisica dell’impianto (As Built): rappresenta la struttura statica del sistema (moduli, componenti, …) mettendone in evidenza le interconnessioni;
- una scomposizione funzionale (Functional Block Diagram);
- una scomposizione affidabilistica (Reliability Block Diagram);
- un’analisi dei modi di guasto (Failure Mode and Effect Analisys);
- un’analisi della Criticità (Failure Mode and Effect Critical Analisys);
- selezione di una strategia di manutenzione;
- piano delle attività di manutenzione.
L’RCM rappresenta quindi un approccio alla manutenzione che valuta il sistema da manutenere ed il suo contesto operativo. La politica sottesa all’applicazione dell’RCM deve avere come obiettivo il miglioramento dell’affidabilità dell’impianto manutenuto attraverso quattro strategie principali:
- Manutenzione su condizione;
- Manutenzione preventiva programmata;
- Failure finding;
- Manutenzione correttiva.
Manutenzione su condizione
La manutenzione su condizione rappresenta una strategia consistente nel continuo o periodico monitoraggio di alcuni parametri funzionali dell’impianto, finalizzato ad individuare condizioni di guasto incipiente. Questo monitoraggio operativo deve prevedere un intervallo di Pre-Failure (Intervallo P-F) tale che, se la frequenza periodica di controllo viene effettuata ad intervalli inferiori rispetto a quello P-F, si hanno ottime possibilità di intercettare il guasto potenziale prima che esso diventi funzionale (vedi figura sotto).
Nella tabella sottostante viene inoltre riportato un esempio di contestualizzazione delle varie tecniche di monitoraggio: in essa si evidenzia la necessità di una scelta dimensionata sia sulla base delle esigenze proprie dell’impianto che dell’organizzazione.
Va evidenziato che, purtroppo, in taluni casi, risulta impraticabile una determinazione empirica dell’intervallo P-F perché tecnicamente impossibile, impraticabile o troppo costosa. A fronte di tale criticità, risulta tuttavia relativamente semplice stimare l’intervallo P-F sulla base di esperienza e di giudizio esperto.
Manutenzione preventiva ciclica
Per manutenzione preventiva ciclica s’intendono tutte le attività volte a ripristinare le condizioni operative originali dell’impianto e che hanno luogo con cadenze cicliche programmate oppure ad intervalli di funzionamento prefissati. In genere le fasi di revisione o sostituzione programmata dei componenti avvengono in corrispondenza delle fasi nelle quali vi è un incremento del tasso di guasto (in tali intervalli, il coefficiente β della funzione di Weibull evidenzia valori superiori all’unità) (si vedano profili riportati nelle seguenti figure).
Nella figura sottostante si riporta invece una rappresentazione grafica dell’incremento affidabilistico legato all’implementazione di un programma di manutenzione preventiva: l’apparecchiatura presa in considerazione può essere equiparata ad una generica pompa centrifuga con vita caratteristica stimata in 1000 h e fattore di forma pari a 2.
Il profilo della curva continua R(t) rappresenta l’affidabilità nel tempo dell’apparecchiatura senza l’applicazione del piano di manutenzione, quello della curva tratteggiata Rm(t) rappresenta invece l’andamento dell’affidabilità con piano di manutenzione periodica ad intervalli di 100 h.
Failure Finding
La politica di Failure Finding si applica, tipicamente, ai dispositivi di protezione posti a presidio del corretto funzionamento di un impianto. In questo senso, essa è rivolta ad individuare i guasti occulti eventualmente presenti nel sistema di protezione attraverso l’esecuzione di ispezioni periodiche sistematiche.
La determinazione della frequenza di FF dipende, nello specifico, da:
- la disponibilità richiesta all’apparecchiatura stessa;
- il tasso di guasto relativo al sistema di protezione.
Quindi, nell’ipotesi in cui sia noto l’MTBF (Mean Time Between Failures) del dispositivo di protezione, l’intervallo di FF sarà determinato in funzione della disponibilità richiesta al sistema di protezione stesso. Più breve sarà il FFI, più ampia risulterà la disponibilità del sistema di protezione così come riportato nella tabella sottostante.
Di conseguenza, per un filtro a tessuto protetto contro il rischio di esplosione tramite un dispositivo ad alta intensità di scarica (HRD) dal cui albero di guasto emerge un MTTF (Mean Time To Failures) pari a circa 15 anni, l’intervallo di ispezione utile ad assicurare una disponibilità del 99% risulta direttamente ricavabile dai valori inseriti nella tabella sopra, pari cioè al 2% del MTTF che, nel nostro caso specifico, corrispondono a circa 3,6 mesi.
Manutenzione correttiva
Nel contesto applicativo dell’RCM, con il termine manutenzione correttiva, si ricomprendono le seguenti due politiche manutentive:
- manutenzione straordinaria;
- run to failure (manutenzione su guasto).
Infatti, mentre in tutti gli ambiti in cui esiste, in modo parziale o totale, un consumo delle parti che può essere previsto, su base affidabilistica, in proporzione all’uso dell’impianto e/o sistema, (ossia, in termini matematici, quando l’andamento della densità di guasto, di una parte o del tutto, segue la funzione di Weibull) (vedi le tipologie di manutenzioni precedenti) è possibile determinare un piano ottimale di manutenzione programmata, in quest’ultimo caso in cui i vari tipi di impianti /apparecchiature che possono essere trattati, dal punto di vista del loro comportamento affidabilistico, in base alla curva di Poisson, ossia a un comportamento di densità dei guasti sostanzialmente costante nel tempo (si veda curva riportata sotto) non c’è premonizione dell’avvento di una anomalia e, di conseguenza, la manutenzione non può che essere di tipo correttiva.
In tutti questi casi, si rende opportuno che l’impianto sia progettato innanzitutto con le dovute ridondanze e/o parallelismi onde evitare che, in caso di guasto o anomalia improvvisa di un componente essenziale, l’apparecchiatura venga a mancare, soprattutto se la sua sussistenza può produrre riduzioni della Sicurezza umana.
In conclusione, sulla base di quanto illustrato nella descrizione delle diverse strategie di manutenzione sottese all’applicazione di una politica RCM, è possibile dimostrare che l’attuazione di una manutenzione intelligente è in grado di assicurare che gli impianti significativi presenti in stabilimento siano:
- idonei alla loro applicazione per cui sono progettati;
e si mantengano
- idonei e sicuri durante l’intera loro vita utile.
Inoltre, sulla base delle caratteristiche di un riuscito programma di manutenzione predittiva quale quello presentato, si è in grado di garantire che:
- gli impianti e le attrezzature utilizzate in stabilimento siano progettati, fabbricati, installati, utilizzati e manutenuti in modo appropriato per le applicazioni per cui sono stati progettati;
- l’attrezzatura designata venga inclusa nel programma di manutenzione sulla base di criteri ben definiti;
- nelle attività di manutenzione venga sempre data priorità alle attrezzature di maggiore criticità;
- il personale addetto alla gestione degli impianti trovi il giusto supporto nell’esecuzione della manutenzione prevista riducendo l’esigenza di interventi di manutenzione non pianificati;
- il personale addetto alla gestione degli impianti trovi il giusto supporto nell’individuazione di eventuali carenze progettuali, allo scopo di evitare che le stesse possano condurre a gravi incidenti.
Area Sicurezza impianti e processi produttivi