Lavori in quota e la sindrome da sospensione inerte

21/04/2017

Il tema dei lavori in quota è trattato all’interno del Testo Unico sulla Sicurezza (D.Lgs.81/2008) nel Titolo IV relativo ai Cantieri temporanei e mobili nello specifico del Capo II “Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni e nei lavori in quota”.

Oltre alla definizione di lavoro in quota (art.107) vengono definite all’articolo 111 gli obblighi specifici del Datore di Lavoro (DdL); tali obblighi riguardano diversi aspetti tra i quali poniamo l’attenzione sulla definizione dei dispositivi di protezione contro le cadute.

Tralasciando la valutazione delle misure di protezione collettive, sempre prioritarie rispetto alla definizione dei Dispositivi di Protezione Individuali, riportiamo di seguito alcune considerazioni in merito al DPI anticaduta e alla gestione delle emergenze.

La definizione della tipologia dei dispositivi anticaduta è strettamente collegata alla valutazione dei rischi in merito alle attività in quota e nello specifico alla valutazione dei rischi di caduta dall’alto.

I rischi legati alla caduta dall’alto riguardano in sintesi i seguenti aspetti:

  • Oscillazione del corpo (effetto pendolo);
  • Arresto del moto (sollecitazioni trasmesse dall’imbracatura);
  • Sospensione inerte del corpo (tempo di permanenza).

I primi due aspetti sono legati strettamente alle attività previste nel luogo di lavoro in quota e devono essere considerati nella definizione delle modalità di intervento e nella scelta della tipologia di DPI e delle specifiche caratteristiche. Quindi nella definizione delle procedure di intervento è sempre necessario considerare la deviazione dal punto di ancoraggio in base allo sviluppo del cavo retrattile, il fattore di caduta, ovvero il rapporto tra altezza di caduta e lunghezza del cordino (valore massimo critico di 2) e il tirante d’aria, ovvero lo spazio libero di caduta in sicurezza senza che il lavoratore urti contro il suolo o altri ostacoli analoghi.

La sospensione inerte del corpo o sindrome da imbraco si collega direttamente alla necessità di gestire nel breve periodo una situazione di emergenza grave che, senza un intervento immediato, porta prima alla perdita di coscienza e poi alla morte. Se, in conseguenza di una caduta, un lavoratore imbracato rimane appeso e immobile, viene interrotto il ritorno al cuore del sangue dagli arti inferiori per abolizione della pompa muscolare (mancato movimento) e per effetto compressivo dei cosciali; questo provoca il rallentamento del cuore, la diminuzione della pressione arteriosa e un aumento della pressione intratoracica con conseguente insufficienza cardiocircolatoria e ischemia cerebrale.

Allo scopo di prevenire l’insorgenza di tale sindrome, si riportano di seguito le principali norme di comportamento:

  • mai essere soli;
  • avere attrezzature (DPI) e capacità adeguate; a tale proposito, esistono appositi dispositivi in grado di fornire un appoggio per i piedi (utilizzabili ovviamente, solo da un operatore che non sia privo di conoscenza per effetto della caduta …);
  • conoscere le manovre di autosoccorso e di soccorso;
  • saper riconoscere i segni precursori e interrompere l’attività quando compaiono;
  • buona condizione psico-fisica;
  • prevenire i fattori predisponenti.

I fattori predisponenti alla sindrome sono la non conoscenza del problema, la disidratazione, lo sfinimento, l’esaurimento da calore o da ipotermia, patologie preesistenti, tipo di imbraco/errori nella sua regolazione, incapacità tecnica o problemi tecnici nelle manovre di autosoccorso ed eventuali eventi traumatici intercorsi durante la caduta.

Le attività di soccorso devono essere messe in atto immediatamente dagli altri operatori presenti; l’allerta dei soccorsi e la predisposizione delle manovre di salvataggio devono essere simultanee e, in caso di mancata comunicazione dell’emergenza, le attività di soccorso devono iniziare comunque.

Fondamentali sono le azioni che l’infortunato, se cosciente, può mettere in pratica autonomamente (azioni di autosoccorso), ovvero:

  • muovere gli arti inferiori;
  • sollevare gli arti inferiori;
  • portarsi in zona di riposo (scarico peso dall’imbraco);
  • idratarsi, riposarsi, rinfrescarsi/coprirsi.

I sintomi di allarme che devono far pensare all’insorgenza della sindrome da imbraco sono la presenza di sudorazione, nausea, vertigini, malessere generale, oppressione toracica e l’insorgenza di tachicardia / bradicardia e parestesie (alterazione sensibilità degli arti).

I lavoratori presenti devono intervenire allo scopo di portare in piano l’infortunato; se l’operazione non è possibile, è necessario raggiungerlo, alzargli le ginocchia o le gambe e sollevagli testa e torace. Dopo il recupero la vittima deve restare seduta con le gambe piegate e sotto sorveglianza. Per effettuare le manovre di evacuazione/autosoccorso sono a disposizione kit appositi contenenti tutte le attrezzature necessarie.

Queste attività di intervento in caso di emergenza sia da parte dell’infortunato stesso che dei colleghi di lavoro sono strettamente correlate agli obblighi di formazione/addestramento e gestione delle emergenze in capo al Datore di Lavoro definite nel testo Unico della Sicurezza.

Infatti l’articolo 77 “Obblighi del Datore di Lavoro” riporta chiaramente la responsabilità del DdL in merito alla formazione e addestramento per l’uso dei DPI (capo 4 – lettera h) con l’ulteriore specifica dell’obbligo dell’addestramento per i DPI di terza categoria tra cui rientrano i DPI destinati a salvaguardare dalle cadute dall'alto (capo 5).

Inoltre nell’articolo 43 - Gestione delle emergenze, viene definito l’obbligo, sempre in capo al DdL di definire i provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza o per quella di altre persone e nell’impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, possa prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili. (capo 1 – lettera e).

Inoltre i lavoratori devono essere formati, essere in numero sufficiente e disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni e dei rischi specifici dell’azienda o dell’unità produttiva (art.43 – capo3).

 

Area Sicurezza impianti e processi produttivi

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