Lesioni colpose e responsabilità del DdL: Ricorrenze processuali
13/11/2023
Molte vicende che attengono ad infortuni negli ambienti di lavoro e giungono in Cassazione presentano iter giudiziari simili che sistematicamente si ripropongono pressoché invariati secondo il seguente format.
• La Corte di Appello conferma integralmente la sentenza con la quale il Tribunale aveva dichiarato il titolare di un’azienda/DdL colpevole a) del reato di cui all'art. 590 commi 1 e 3 c.p. (lesioni personali colpose correlate a fatti commessi in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro), in relazione all'art. 583 c.p. (che dispone la valutazione dell’entità del danno patito e in particolare se la vittima ha riportato una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai 40 gg; oppure se il fatto produce l'indebolimento permanente di un senso o di un organo), perché, in qualità di datore di lavoro (NdR da sottindendersi investito della posizione primaria di garanzia di cui all’art. 2087 del c.c.) aveva cagionato, per colpa, a un lavoratore della ditta stessa delle lesioni personali gravi consistite in … (segue la descrizione dell’evento infortunistico con relativa diagnosi) .
- Nella motivazione della sentenza segue la parte descrittiva della colpa, in genere consistita in negligenza, imprudenza, imperizia, nonché nell'inosservanza di norme preposte alla prevenzione degli infortuni sul lavoro, in quanto il DdL non aveva adottato le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sarebbero state necessarie a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori, ed in particolare lo si dichiara aver violato:
- l'art. 70 del D. Lgs. n. 81/2008, in quanto aveva messo a disposizione dei lavoratori un'attrezzatura di lavoro inidonea in relazione alla sicurezza atteso che … (segue la descrizione delle non conformità rilevate di macchina/impianto o attrezzatura in funzione delle operazioni da eseguire) ;
- l'art. 71 comma 3 del D. Lgs. n. 81/2008, in quanto non aveva messo in atto le misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo il rischio di … (segue la descrizione del rischio ad es investimento ad opera del carico durante la movimentazione e per impedire l'errato e pericoloso utilizzo dei dispositivi di presa ecc.) ;
- gli artt. 37 comma 1 e 71 comma 7 del D. Lgs. n. 81/2008, in quanto non si era assicurato che il personale addetto alle operazioni di … (es. movimentazione di manufatti mediante carroponte/paranco ecc.) risultasse dotato delle informazioni, della formazione e dell'addestramento specifico necessari per operare in sicurezza, pur trattandosi di operazioni che richiedevano conoscenze e responsabilità particolari in relazione ai rischi specifici e rilevanti ad esse connessi.
- A questo punto la difesa dell’imputato propone ricorso in Cassazione articolandolo nei seguenti motivi di doglianza
- violazione dell'art. 37 del D. Lgs. n. 81/2008 in quanto la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che il DdL non avesse assolto gli obblighi previsti dall'art. 37 del Testo Unico, poiché il dipendente aveva ricevuto una formazione sufficiente ed adeguata al dettato normativo in relazione al lavoro da svolgere (descrizione del lavoro) e addirittura uno dei dipendenti, preposto / operaio esperto (e/o rappresentante dei lavori per la sicurezza), era stato delegato ad addestrare l’altro lavoratore poi infortunatosi. La Corte di Appello non aveva poi considerato che la tale operazione non era prevista quale rischio specifico poiché si trattava solo di … , essendo previsto allo scopo altra attrezzatura costituita da …;
- violazione dell'art. 70 del D. Lgs. n. 81/2008 in quanto il dipendente avrebbe posto in essere un comportamento abnorme ed imprevedibile per avere usato, nonostante le precise direttive aziendali prescrivessero l'utilizzo di … (descrizione dell’attrezzatura adeguata messa a disposizione con relativi attrezzaggi) per la movimentazione dei materiali;
- inoltre il lavoratore che ricopriva la funzione di istruttore avrebbe dovuto informare il lavoratore rimasto vittima dell’infortunio della non adeguatezza in termini di sicurezza delle procedure che si stavano utilizzando in azienda per l’esecuzione delle specifiche operazioni (ad es. sollevamento dei carichi), cosa che invece non era avvenuta.
- La Corte di Cassazione pronuncia la decisione in diritto dichiarando:
- Inammissibili le motivazioni di ricorso in quanto Tribunale e Corte di Appello avevano potuto ricostruire sulla base del materiale probatorio acquisito le esatte modalità di esecuzione delle operazioni ritenendole scorrette (come del resto deposto anche dai funzionari ASL intervenuti per effettuare le indagini). Nel corso dell’istruttoria dibattimentale era stato peraltro accertato che queste modalità esecutive costituivano il frutto di una prassi consolidata in azienda;
- il Giudice di primo grado ha ritenuto provata la responsabilità penale del Datore di Lavoro stimando fondati gli specifici addebiti mossi nell’imputazione. L’incidente si sarebbe determinato per mancata adozione dei necessari accorgimenti di sicurezza in violazione delle disposizioni di cui agli artt. 70 e 71 comma 1 e 3 del D.Lgs. 81/08 avendo il DdL utilizzato attrezzature non conformi ai requisiti essenziali di sicurezza (RES) richiamati all’Allegato V del D.Lgs. 81/08 (per macchine pre 1996 e non marcate CE) o all’Allegato I della Dir. 2006/42/CE, come recepita dal D.Lgs. 17/2010 (per macchine post 1996 e marcate CE) ;
- quanto al fatto che l’evento dannoso si sarebbe prodotto a causa di un comportamento negligente della persona offesa tale obiezione non coglieva nel segno atteso il costante insegnamento giurisprudenziale secondo il quale l'imperizia o imprudenza del lavoratore non potevano svolgere alcun effetto scriminante laddove il datore di lavoro avesse comunque omesso di predisporre adeguate misure antinfortunistiche;
- parimenti fondato era l'addebito relativo alla violazione di cui agli artt. 37 e 71 comma 7 D.Lgs. 81/2008 poiché era risultato provato che la formazione e l'addestramento impartiti in azienda al lavoratore erano stati assolutamente superficiali e anche errati, anche alla luce delle modalità di esecuzione di fatto richieste e delle attrezzature del tutto incongrue con le quali, in ossequio alle disposizioni impartite, venivano eseguite in azienda le operazioni di … (es. di movimentazione)
- Alla luce di quanto sopra detto il ricorso viene pertanto dichiarato inammissibile e la Corte di Cassazione condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dall'analisi delle ricorrenze processuali emerge una serie di elementi chiave relativi ai casi in cui i Datori di Lavoro sono stati riconosciuti colpevoli per lesioni personali colpose nei luoghi di lavoro. Le conclusioni che emergono da queste situazioni offrono spunti importanti per l'adozione di strumenti di prevenzione adeguati da parte dei Datori di Lavoro:
- Violazioni delle norme di sicurezza: I casi evidenziano la mancata adozione delle misure previste per la sicurezza dei lavoratori, in particolare violazioni degli articoli 70 e 71 del D.Lgs. n. 81/2008 che riguardano l'uso di attrezzature non conformi, la mancanza di misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre i rischi e la mancanza di formazione adeguata.
- Responsabilità primaria del Datore di Lavoro: Le sentenze confermano che il Datore di Lavoro ha la posizione primaria di garanzia, ai sensi dell'art. 2087 del c.c., riguardo alla sicurezza dei dipendenti. Anche se il lavoratore può aver compiuto azioni imprudenti o negligenti, la mancanza di adeguate misure antinfortunistiche da parte del Datore di Lavoro non può essere elusa se non nel caso di comportamento “eccentrico”, fuori cioè da qualsiasi previsione in sede di valutazione dei rischi e fuori da qualsiasi possibilità di controllo da parte del DdL perché completamento avulso dalle pratiche di lavoro .
- Correzione di prassi non conformi: Si evidenzia che le modalità di esecuzione che hanno portato all'incidente rappresentavano una prassi consolidata all'interno dell'azienda, ma non conformi alle normative di sicurezza.
- Inammissibilità delle obiezioni sulla formazione dei lavoratori: Nonostante il Datore di Lavoro affermi di aver fornito formazione e addestramento ai lavoratori, la Corte di Cassazione ha stabilito che tali programmi erano superficiali, errati e non adeguati, influenzando direttamente le modalità operative pericolose.
- Conseguenze del ricorso in Cassazione: L'esito dei ricorsi in Cassazione ha portato a una conferma delle decisioni delle Corti inferiori, con il Datore di Lavoro riconosciuto colpevole e il ricorso giudicato inammissibile, comportando la condanna al pagamento delle spese processuali.
Le conclusioni da trarre da questi casi suggeriscono la necessità per i Datori di Lavoro di adottare e implementare misure di sicurezza più rigorose e rispettare le normative in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Queste possono includere una revisione e un miglioramento dei programmi di formazione, la verifica della conformità delle attrezzature e la promozione di una cultura aziendale che ponga la sicurezza come priorità assoluta.
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