Metalli pesanti anche negli alimenti

23/02/2021

I metalli pesanti come l’Arsenico, il Cadmio, il Piombo e il Mercurio sono elementi chimici tossici anche a basse concentrazioni e non possono essere né degradati né distrutti e sono soggetti al fenomeno della bioaccumulazione. Sono normalmente presenti in natura: nel terreno, nell’acqua e nell’atmosfera. Ma si possono trovare anche negli alimenti a seguito di contaminazione durante la lavorazione o la conservazione degli stessi; ma anche sotto forma di residui che derivano da attività umane agricole e industriali. L’uomo può dunque essere esposto a tali metalli tramite l’ambiente oppure attraverso l’ingestione di acqua o di cibi contaminati; ad oggi la via di esposizione alimentare sembra essere la più rilevante. Col passare del tempo, l’accumulo nell’organismo di metalli pesanti, può causare importanti effetti nocivi dato che hanno la capacità di legarsi alle strutture cellulari in cui si depositano, impedendone il corretto funzionamento. Si accumulano soprattutto nel cervello, fegato, reni e ossa, danneggiandoli e causando spesso lo svilupparsi di molte malattie croniche oltre a fenomeni irritativi, di intossicazioni, fino ad un’azione cancerogena.
Il regolamento CE 1881/2006 e le sue successive modifiche oltre che integrazioni stabiliscono i valori massimi di alcuni contaminanti presenti nei prodotti alimentari, prevedendo limiti di legge in alcune tipologie di alimenti.

Il laboratorio MADE HSE è in grado di determinare i metalli pesanti potenzialmente contenuti negli alimenti; utilizzando la migliore tecnologia disponibile sul mercato (ICP-MS) e metodi accreditati, a garanzia della qualità del dato analitico fornito.

Sia l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) hanno esaminato i rischi derivanti sulla salute umana dall’assunzione di questi metalli attraverso la dieta; anche l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha effettuato studi sull’esposizione alimentare per la popolazione italiana.

Per quanto riguarda in particolare il CADMIO:
Pur essendo un metallo presente in alte concentrazioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo a causa di attività umane, secondo l’ISS la fonte principale di esposizione al cadmio per l’uomo è rappresentata proprio dalla dieta. I principali alimenti che lo possono contenere sono: cereali, verdure, noci e legumi, radici amidacee e patate, carne ma anche pesci, funghi e cioccolato. I suoi principali effetti avversi sono: tossicità sui reni poichè si accumula al loro interno e demineralizzazione delle ossa con effetti anche sul metabolismo del calcio e della vitamina D. Secondo gli esperti dell’EFSA il livello di esposizione tollerabile su base settimanale del cadmio è pari a 2,5 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo (ug/kg p.c.) ed è stata evidenziata la necessità di ridurne l'esposizione nella popolazione europea poichè il cadmio assorbito dall'organismo viene eliminato molto lentamente e servono tra i 10 e i 30 anni per eliminare il 50% della quantità presente.

Per quanto riguarda il PIOMBO:
I principali alimenti che possono contenere piombo sono: latte e latticini, carni, cereali e legumi, ortaggi, prodotti ittici ma anche l’acqua; e potrebbe anche essere ceduto dai materiali che entrano a contatto con gli alimenti. Ma alla ‘via alimentare’, si somma il quantitativo di piombo accumulato nell’organismo a causa di aree inquinate e di processi produttivi. Attualmente secondo studi dell’ISS l'esposizione al piombo della popolazione italiana è fortunatamente limitata. Il piombo infatti esercita effetti avversi a carico di quasi tutti i sistemi dell'organismo: sistema ematopoietico, cardiovascolare, renale, endocrino, gastrointestinale, immunitario, riproduttivo e nervoso. Ma è il sistema nervoso centrale, nel momento critico dello sviluppo, il suo principale bersaglio biologico; anche bassi livelli di esposizione durante questa fase possono infatti nuocere allo sviluppo delle capacità di ragionamento, di memoria e intellettuali nel bambino.                  

Per quanto riguarda il MERCURIO:
L’alimento considerato la principale fonte di esposizione al mercurio, in particolare alla sua forma metilata e pericolosa per l’uomo: il “metilmercurio”, sembra essere il pesce. In particolare, il metilmercurio, tende ad accumularsi all'interno dell'organismo; può attraversare la barriera placentare, quella ematoencefalica ed anche quella ematoliquorale (barriere che proteggono il nostro cervello dall'ingresso di agenti tossici), col risultato finale di accumularsi nel feto e nel cervello. L’effetto critico più negativo del metilmercurio è infatti la tossicità per il sistema nervoso, poichè crea un danno a carico dello sviluppo neurologico del feto. L’EFSA dunque invita a ridurre il consumo, soprattutto in gravidanza e durante la prima infanzia, di grandi pesci predatori come ad esempio il pesce spada, il tonno, il luccio, e a sostituirlo con altri pesci, quali il pesce azzurro o le orate, che invece hanno concentrazioni molto meno elevate di metilmercurio. Secondo gli esperti EFSA il livello di esposizione tollerabile su base settimanale del mercurio è pari a 1.3 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo (μg/kg pc).

Per quanto riguarda infine l’ARSENICO:
Può esser presente negli alimenti sotto forma di arsenico-organico, in particolare nel pesce e nei frutti di mare, con rischi trascurabili per la salute umana ma anche come arsenico-inorganico, decisamente più pericoloso per la salute umana in quanto associato allo sviluppo di tumori alla vescica, polmoni e pelle. In forma inorganica, dunque quella più nociva, l’arsenico sembra trovarsi in diversi alimenti di origine vegetale, soprattutto di ‘nicchia’ (ad esempio in alcune alghe commestibili), e in più elevate concentrazioni nel riso (soprattutto integrale) e in tutti i prodotti che ne derivano; oltre che nei cereali (principalmente frumento) e suoi derivati, anche nel latte e nel caffè. Ma l’arsenico inorganico può essere naturalmente presente anche nelle falde acquifere e dunque arrivare direttamente nell’acqua potabile (in mancanza di adeguati impianti di depurazione). Per questo l’OMS ha stabilito un quantitativo massimo tollerabile per l'arsenico contenuto nell'acqua potabile, che coincide con il limite di legge vigente in Europa di 10 microgrammi/litro.

In conclusione per prevenire un’intossicazione da metalli pesanti è fondamentale il rispetto delle normative vigenti e deve essere garantita l’efficacia dei controlli ambientali per diminuirne la presenza, in modo da limitare i quantitativi che si possono poi trovare nella catena alimentare e dunque arrivare all’uomo.
 

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