Microplastiche

05/07/2019

La plastica è uno dei materiali più importanti del nostro “vivere comune”, presente nella nostra economia ed in abbondanza sul nostro pianeta. Infatti, facile da lavorare, meno costosa rispetto ad altri materiali, dura senza degradarsi per molti anni ed è perciò tra le materie prime più utilizzate sul pianeta. Tuttavia, proprio questa importante durevolezza fa della plastica un materiale persistente che, se non smaltito correttamente, può rimanere nell’ambiente disgregandosi in particelle di piccole dimensioni, denominate microplastiche. A tal proposito, come oramai documentato da numerosi reportage fotografici e video, si stima che circa il 2-5% della plastica prodotta finisca negli oceani, di cui una parte in forma di microplastica.

Perché le microplastiche destano tanta preoccupazione?
  • Sono di piccole dimensioni e ciò le rende facilmente ingeribili e potenzialmente trasferibili all'interno della catena alimentare;
  • Sono molto resistenti al degrado ambientale, il che le rende persistenti nell'ambiente per lungo tempo;
  • Si degradano progressivamente nell'ambiente attraverso la frammentazione in particelle sempre più piccole;
  • Una volta prodotte, sono praticamente impossibili da rimuovere dall'ambiente, infatti anche i comuni sistemi di depurazione delle acque (es. depuratori comunali) non sono in grado di trattenere la totalità delle microplastiche recapitate in fognatura.
Inoltre, le plastiche sono additivate con altre sostanze (es, per fornire determinate caratteristiche fisiche al prodotto) che possono essere altrettanto pericolose per l’ambiente e la salute.

Le microplastiche possono derivare dalla degradazione di vari articoli industriali e di consumo (es. imballaggi, rifiuti non smaltiti correttamente, dal lavaggio di tessuti, ecc.) oppure possono essere impiegate in una vastità di applicazioni:
  • agricoltura e orticoltura (in fertilizzanti e prodotti fitosanitari);
  • prodotti cosmetici (prodotti rinse off e leave-on);
  • detergenti e prodotti per la manutenzione (ad esempio incapsulamento di fragranze nei detergenti e ammorbidenti per il bucato nonché in prodotti per la pulizia e la lucidatura);
  • vernici, rivestimenti e inchiostri (negli usi professionali e di consumo);
  • ambito edile (cementi, resine);
  • medicinali, dispositivi medici e integratori alimentari.
Intervenire sulla riduzione delle microplastiche è un’opera titanica e deve essere affrontata step by step. L’Unione Europea sta valutando in questi mesi l’introduzione di una restrizione specifica nell’ambito del Reg. (CE) 1907/2006 (REACH) relativa all’impiego di microplastiche intenzionalmente aggiunte. L’intervento è talmente innovativo che contestualmente alla restrizione è stato necessario definire formalmente cosa rientra nella definizione di microplastica:

 
"un materiale costituito da particelle solide contenenti polimeri, a cui possono essere stati aggiunti additivi o altre sostanze e dove ≥ 1% p / p di particelle ha (i) tutte le dimensioni 1nm ≤ x ≤ 5mm o (ii), per fibre, una lunghezza di 3 nm ≤ x ≤ 15 mm e un rapporto lunghezza / diametro> 3."
 

La restrizione vieterà, pur con qualche esenzione, l’impiego di microplastiche intenzionalmente aggiunte come sostanza o come componente di miscele in concentrazione superiore allo 0,01%. 

I polimeri presenti in natura che non sono stati modificati chimicamente sono esclusi, così come i polimeri che sono biodegradabili.

Tale proposta è attualmente in fase di consultazione a livello europeo ed ha come grande obiettivo quello di limitare il rilascio in ambiente di plastiche intenzionalmente aggiunte incentivando la ricerca di alternative più sostenibili.

 
Area Laboratori di analisi
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