Posture incongrue: come procedere ad una valutazione del rischio

14/06/2017

Il D.Lgs. 81/08, sebbene non preveda uno specifico titolo per il rischio posturale, all’art. 15 comma 1 lett.d) nelle “Misure generali di tutela” enuncia il “rispetto dei principi ergonomici nell’organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo”. Ne consegue che l’eventuale mancato rispetto dei principi ergonomici costituisce un fattore di rischio per la salute dei lavoratori.

Gli aspetti inerenti il rischio posturale vengono generalmente considerati all’atto della valutazione del rischio da movimentazione manuale dei carichi e/o da movimenti ripetitivi (categorie alle quali si trova generalmente associato) e limitatamente al sovraccarico biomeccanico degli arti superiori e del tratto lombare.

Tali metodiche di analisi non forniscono tuttavia informazioni esaustive qualora le attività lavorative comportassero prevalentemente l’assunzione di posture incongrue (in genere statiche - anche in assenza di rischi da sollevamento di carichi e/o cicli ripetuti) e considerando la posizione di tutti i segmenti corporei, comprese testa, collo, tronco, arti inferiori, piedi.

Il campo di applicazione di un’analisi “complessiva” risulterebbe peraltro piuttosto vasto: si pensi ad esempio al settore agricolo, alle attività di manutenzione, all’edilizia, alle attività di restauro e di posa in opera, agli insegnanti di scuole per l’infanzia, ai fisioterapisti, ecc.

Come può essere dunque valutato tale rischio?

Innanzitutto gli aspetti posturali possono essere definiti non tollerabili qualora comportino:

  • disagi a breve termine;
  • patologie morfo-funzionali a lungo termine.

La letteratura tecnica mette a disposizione metodi quali RULA, REBA, OWAS, che nascono per uno studio esclusivo delle posture. Alla luce dei più recenti studi si è tuttavia constatato che i risultati forniti da tali metodologie costituiscano soltanto uno screening iniziale, poiché gli stessi non tengono contro di tutti i segmenti corporei e risultano piuttosto scollegati dal contesto complessivo della mansione.

La metodica attualmente più accreditata prevede invece un primo screening mediante checklist ISO/TR 12295 nella quale vengono poste domande relativamente alle posture assunte da:

  • Testa/collo;
  • Tronco;
  • Arti superiori;
  • Arti inferiori.

Qualora l’esito risultasse accettabile, non si dovrà procedere ad ulteriori approfondimenti.
Qualora l’esito non risultasse accettabile, si dovrà provvedere alla valutazione approfondita del rischio mediante:

  • ISO 11226 “Valutazione delle posture di lavoro statiche” (che descrive adeguatamente le posture, ma in cui l’area di accettabilità risulta piuttosto cautelativa);
  • metodo TACOs (rilasciato da EPM Research) che, mediante una valutazione a punteggi (grafico a torte) e legandosi al sovraccarico biomeccanico, prende in considerazione i contributi legati alle posture di:
    • Arti inferiori;
    • Rachide dorso lombare (se assenti i sollevamenti manuali di carichi), in postura eretta;
    • Postura seduta;
    • Postura seduta con uso di pedale;
    • Postura su scale.

I suddetti punteggi sono bilanciati sul tempo di esposizione.

Per ciò che concerne mansioni comportanti più attività, la metodica prevede:

  1. uno studio organizzativo atto ad individuare i diversi compiti e la loro durata nel ciclo di lavoro (giornaliero, settimanale, mensile, annuale);
  2. valutazione dei valori di rischio intrinseci posturali all’interno di ciascun compito individuato (per tipologia e durata) presente nella mansione;
  3. riaggregazione dei dati ottenuti all’interno della mansione e calcolo dell’indice espositivo finale.

I metodi sopra descritti portano dunque a definire una postura congrua o incongrua; il TACOs consente inoltre di splittare le incongruità su livelli numerici e colorazioni assimilabili a quelle dei metodi OCRA e NIOSH.

Le eventuali posture incongrue saranno ovviamente da gestire con idonee misure di miglioramento.
Per ciò che concerne la sorveglianza sanitaria, qualora il rischio posturale non fosse associato a movimentazione dei carichi o a movimenti ripetitivi, l’art. 41 comma 1 lett. b permette di affermare che la sorveglianza per il “solo” rischio posturale sarà da svolgersi su richiesta del lavoratore (e previo parere favorevole del Medico Competente) ogniqualvolta la valutazione del rischio fornisca un risultato di incongruità.


Area Sicurezza impianti e processi produttivi

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