Responsabilità del Committente per mancata verifica idoneità tecnico professionale dell’impresa affidataria
11/03/2024
Sentenza Cassazione Penale, Sez. 4, 13 dicembre 2023, n. 49494 – Responsabilità del Committente per mancata verifica idoneità tecnico professionale dell’impresa affidataria.
La vicenda processuale trae origine da un grave infortunio occorso ad un lavoratore di ditta appaltatrice, incaricata di lavoratori di rifacimento del tetto di un capannone, che a seguito di caduta dall’altezza di 6 metri riportava lesioni con indebolimento permanente degli organi di deambulazione.
La persona offesa era poi deceduta nelle more del giudizio.
Venivano ravvisate violazioni della norma cautelare di cui all’ art. 90, comma 9, lett. a) D.Lgs. n. 81 del 2008, consistente nella mancata verifica dell’idoneità tecnico professionale dell’impresa affidataria da parte del Legale Rappresentante della ditta Committente.
Il giudice di merito (Corte di Appello di Napoli) aveva ritenuto che detti obblighi rientrassero nelle competenze del Legale Rappresentante della impresa Committente i lavori edili di impermeabilizzazione.
Inoltre durante l’istruttoria dibattimentale i giudici di merito avevano rilevato gravi carenze prevenzionali tra cui, l’assunzione in nero del lavoratore da parte della ditta Appaltatrice, la mancata formazione dell’infortunato, la mancata assegnazione di sistemi di trattenuta e dei DPI necessari per lo svolgimento dei lavori in quota, l’inadeguatezza delle opere provvisionali per raggiungere la copertura del capannone.
Il giudice di Corte di Appello aveva rimarcato l’insufficienza del mero controllo del requisito della iscrizione nel Registro delle imprese da parte del Committente ai fini della verifica della qualifica tecnico professionale della impresa affidataria.
Avverso la sentenza d'appello l'imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per Cassazione articolato in quattro motivi.
- Il primo deduce l'inosservanza e l'erronea applicazione della legge o del precetto penale ai sensi dell'art. 606 comma 1, lett. b) c.p.p. per mancata considerazione delle previsioni dell'allegato XVII del D.Lgs. n. 81 del 2008 e del correlato art. 90, relativo alla verifica della idoneità tecnico/professionale, secondo cui, nei cantieri di entità presunta minore di 200 uomini/giorno, è sufficiente la verifica della iscrizione alla Camera di commercio da parte del Committente.
- Il secondo motivo deduce manifesta illogicità della motivazione secondo l'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) dal momento che l’infortunio occorso sarebbe da attribuire, sotto il profilo della causalità, a precisi inadempimenti posti in essere da parte del Datore di Lavoro dell’infortunato, per mancata formazione, mancata redazione del POS e mancata assegnazione dei DPI necessari allo svolgimento dei lavori in quota.
- Il terzo motivo deduce la manifesta illogicità nella valutazione degli elementi di prova in ordine alla individuazione dell'elemento soggettivo del reato in quanto il giudice di Appello aveva affermato che il rinvenimento dell’infortunato, che operava a insaputa del Committente in cantiere, sarebbe stato indice di mancati controlli da parte di quest’ultimo.
- Il quarto motivo lamenta la mancata concessione delle attenuanti generiche, senza tenere conto degli elementi positivi valutabili evidenziati nell'atto di appello.
La Corte si esprime in relazione alle doglianze presentate ritenendo che:
in relazione ai motivi nn. 1), 2) e 3) il ricorso sia manifestamente infondato in quanto, pur non richiedendosi al Committente un controllo pressante e continuo sull’organizzazione e l’andamento dei lavori, sicuramente rilevano nella causazione dell’evento i criteri seguiti dallo stesso Committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, con particolare riguardo alla specificità dei lavori da eseguire. Di rilievo ai fini dell’attribuzione di colpa per l’evento infortunistico rileva anche l’immediata percepibilità da parte del Committente di situazioni di pericolo, quali quelle derivanti dalla natura dei lavori in quota assegnati.
I giudici di merito si sarebbero dunque espressi in modo coerente e logico a seguito dell’esame accurato del materiale probatorio portato in aula, stigmatizzando che “i lavori da eseguire, che comportavano un rischio rilevante connesso al fatto che gli stessi dovevano eseguirsi sul tetto del fabbricato, erano stati affidati ad una impresa individuale priva di personale dipendente (dato che emergeva dalla visura camerale acquisita)”, ragion per cui il titolare della ditta individuale era stato costretto a ricorrere ad un lavoratore, assunto peraltro in nero.
L’assetto organizzativo della ditta individuale assegnataria non dava fin dall’origine garanzie circa la corretta esecuzione di lavori complessi e pericolosi quali quelli richiesti per la sostituzione delle lastre in policarbonato sulla copertura del capannone. Inoltre i lavori erano iniziati senza la consegna del POS. Ulteriori indizi di non idoneità potevano essere immediatamente dedotti dall’inadeguatezza dei trabattelli utilizzati per l’accesso al tetto, privi di parapetti e di dispositivi antiscivolo.
Il rischio dunque “era non solo prevedibile in astratto ma anche in concreto, attesa la peculiare sede delle lavorazioni”.
Il punto cardine su cui si esprime la Suprema Corte sta poi nell’affermazione secondo cui “l'obbligo di verifica di cui al D.Lgs. n. 9 aprile 2008, n. 81, art. 90, lett. a), non può risolversi nel solo controllo dell'iscrizione dell'appaltatore nel Registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo (Sent Cass Pen Sez. 4, n. 28728 del 22/09/2020, Olivieri, Rv. 280049 - 01). Detto controllo formale non può infatti esonerare il Committente dalla verifica della concreta capacità della impresa prescelta ad eseguire la tipologia delle lavorazioni appaltate”.
Quanto al motivo n. 4) del ricorso, in cui il ricorrente si lamentava della gravosità della pena, la Corte sottolinea la gravità del fatto e delle conseguenze subite dalla vittima nelle specifiche circostanze, non rilevando più, in ragione della riforma disposta dalla Legge 24 luglio 2008, n. 125, il solo stato di incensuratezza dell'imputato ed essendo stata data dai giudici di merito idonea motivazione per la graduazione della pena in accordo con i criteri definiti dall’art. 133 c.p.p.
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