Responsabilità dell'operation manager per decesso del lavoratore all'estero
14/10/2024
Commento alla Sentenza della Corte di Cassazione Penale, Sez. 4, n. 31665 del 02 agosto 2024
Questa sentenza è stata emessa dalla Sezione IV della Corte di Cassazione in data 2 agosto 2024. Il processo ha riguardato la morte di due tecnici italiani in Libia durante un sequestro e ha toccato questioni complesse di diritto penale e di responsabilità amministrativa delle società ai sensi del D.Lgs. 231/2001. In particolare viene approfondita la posizione nella vicenda di un Dirigente nel ruolo di “operation manager”.Questioni trattate e capi di imputazione
La sentenza affronta la questione della responsabilità penale e amministrativa per la morte di due tecnici italiani, dipendenti della società D.D. Spa, avvenuta in territorio libico durante un sequestro da parte di milizie locali. Gli imputati, A.A., B.B., e C.C., membri del Consiglio di Amministrazione della D.D. Spa, erano accusati di omicidio colposo aggravato (artt. 589 e 113 c.p.), connesso alla loro presunta negligenza nel garantire la sicurezza dei lavoratori, in violazione del D.Lgs. 81/2008.
In particolare, si contestava la mancata valutazione adeguata dei rischi e la non adozione di misure preventive necessarie. La società D.D. Spa è stata chiamata a rispondere di illecito amministrativo ai sensi dell’art. 25-septies del D.Lgs. 231/2001 per non aver implementato un modello di organizzazione e gestione idoneo a prevenire tali eventi.Esposizione dei fatti
I fatti risalgono a luglio 2015, quando quattro tecnici italiani furono inviati dalla D.D. Spa per lavorare presso un impianto in Libia, gestito dalla società committente "M Oil and Gas". I tecnici, che erano stati trasportati via aerea dall’Italia alla Tunisia, dovevano essere trasferiti al sito libico via mare, secondo le direttive aziendali standard. Tuttavia, M.M., operation manager della D.D. Spa in Libia, decise di trasferirli via terra, ritenendo tale opzione più rapida. Durante il tragitto, i tecnici furono sequestrati da milizie locali. Il sequestro si concluse tragicamente con la morte di due tecnici, H.H. e I.I., durante uno scontro a fuoco tra i sequestratori e un gruppo armato non identificato. Gli altri due tecnici, J.J. e K.K., riuscirono a fuggire e furono successivamente recuperati dalle autorità libiche. Questo episodio sollevò gravi dubbi sulla gestione della sicurezza da parte della D.D. Spa e sulle decisioni prese dai suoi dirigenti.Responsabilità contestate
Le responsabilità contestate riguardavano principalmente l'omessa adozione di misure di sicurezza adeguate da parte dei membri del Consiglio di Amministrazione della D.D. Spa (A.A., B.B., e C.C.) e di M.M., operation manager. Gli imputati erano accusati di aver violato l’art. 40, comma 2, c.p., che impone l’obbligo di impedire eventi dannosi per i lavoratori quando si è in una posizione di garanzia. A M.M. veniva imputata la decisione negligente di trasferire i tecnici via terra, nonostante le precauzioni richieste in un contesto geopolitico estremamente pericoloso. A livello societario, la D.D. Spa era accusata di non aver predisposto un modello organizzativo conforme alle prescrizioni del D.Lgs. 231/2001, in particolare per quanto riguarda l’identificazione e la gestione dei rischi specifici legati alla sicurezza in zone di conflitto.Giudizio di I grado e relative motivazioni (Tribunale)
In primo grado, il Tribunale di Roma, con sentenza del 22 gennaio 2019, aveva riconosciuto la responsabilità di A.A., B.B., e C.C., condannandoli per omicidio colposo aggravato, con la concessione delle attenuanti generiche e la riduzione della pena per il rito abbreviato. La pena inflitta era di un anno e dieci mesi di reclusione, con la sospensione condizionale. Il Tribunale aveva rilevato come i membri del Consiglio di Amministrazione avessero omesso di analizzare adeguatamente i rischi nel Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) e di adottare misure preventive, contribuendo così causalmente alla catena di eventi che portò al sequestro e alla morte dei due tecnici. M.M., invece, aveva patteggiato la pena. La società D.D. Spa era stata condannata a una sanzione pecuniaria di 150.000 euro per non aver adottato un modello organizzativo idoneo a prevenire tali rischi.Giudizio di II grado e relative motivazioni (Corte d’Appello)
La Corte d'Appello di Roma, con sentenza del 5 luglio 2023, ha riformato la sentenza di primo grado, assolvendo A.A., B.B., e C.C. per non aver commesso il fatto.
La Corte ha stabilito che la decisione di M.M. di trasferire i tecnici via terra fu una sua scelta autonoma, non concordata con il Consiglio di Amministrazione e contraria alle prassi aziendali consolidate.
È stato evidenziato come A.A. avesse mantenuto contatti diretti con M.M., raccomandando esplicitamente l’utilizzo del trasporto marittimo per motivi di sicurezza, e che i membri del Consiglio di Amministrazione non fossero a conoscenza della decisione di M.M. di optare per il trasporto via terra. Tuttavia, la Corte ha confermato la responsabilità amministrativa della società, sottolineando la mancanza di un modello organizzativo efficace e la carenza di protocolli per la gestione dei rischi specifici legati all’operatività in una zona di crisi come la Libia.
La Corte ha criticato l'assenza di una formazione adeguata dei lavoratori sui rischi esogeni e l'assenza di misure preventive specifiche per i sequestri di persona.Motivi del ricorso in Cassazione
Il Procuratore Generale ha impugnato la sentenza d'appello, contestando l'assoluzione di A.A., sostenendo che la Corte non avesse correttamente applicato le norme sulla responsabilità del datore di lavoro, in particolare in relazione all'obbligo di vigilanza previsto dall’art. 40, comma 2, c.p. e agli obblighi di redazione del DVR previsti dal D.Lgs. 81/2008. Il PG ha sostenuto che la mancata inclusione del rischio specifico di sequestro nel DVR fosse un elemento causalmente rilevante per l’evento e che A.A. non potesse considerarsi esente da responsabilità per non aver vigilato adeguatamente sull’operato di M.M., nonostante la delega delle funzioni. La società D.D. Spa ha ricorso contro la conferma della propria responsabilità amministrativa, argomentando che la decisione di M.M. fosse stata imprevedibile e che la società avesse comunque adottato misure adeguate per la sicurezza dei lavoratori.Giudizio di III grado e motivazioni (Corte di Cassazione)
La Corte di Cassazione ha confermato l'assoluzione di A.A., B.B., e C.C., ribadendo che la decisione di M.M. di trasferire i tecnici via terra fu autonoma e contraria alle direttive aziendali, e che non vi era prova che i membri del Consiglio di Amministrazione fossero stati informati o avessero avallato tale decisione. Tuttavia, la Corte ha rigettato il ricorso della società D.D. Spa, confermando la sua responsabilità amministrativa per non aver adottato un modello organizzativo e di gestione idoneo a prevenire tali eventi. La Cassazione ha sottolineato come la mancata previsione e gestione del rischio specifico di sequestro nel DVR e l’assenza di protocolli operativi per la sicurezza del personale in aree ad alto rischio costituiscano gravi lacune organizzative, sufficienti a giustificare la responsabilità dell’ente ai sensi del D.Lgs. 231/2001.Precedenti giurisprudenziali citati e massime/principi richiamate/i
La sentenza fa riferimento a numerosi precedenti giurisprudenziali in materia di responsabilità penale del datore di lavoro e di responsabilità amministrativa delle società. In particolare, viene richiamata la giurisprudenza relativa all’art. 40, comma 2, c.p., che sancisce la responsabilità per omessa vigilanza e agli artt. 16 e 30 del D.Lgs. 81/2008 che disciplinano la delega di funzioni e l’obbligo di adozione di un modello organizzativo efficace per prevenire rischi per la sicurezza dei lavoratori. La Corte richiama anche i principi stabiliti in materia di responsabilità degli enti ai sensi del D.Lgs. 231/2001, ribadendo l’importanza di un modello organizzativo idoneo e la necessità di una puntuale valutazione dei rischi specifici nel DVR, come condizioni essenziali per l’esonero da responsabilità.