Dal momento in cui da un’attività produttiva si genera un residuo di produzione, è necessario valutare, sulla base della legislazione ambientale, se qualificarlo come un bene o come rifiuto.
Un residuo di produzione può classificarsi:
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come rifiuto, quando soddisfa i requisiti di cui all’art.183 del D.Lgs. 152/2006 (Testo Unico Ambientale) ovvero “Qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi”;
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come sottoprodotto, quando soddisfa i requisiti di cui all’art.184bis del D.Lgs. 152/2006 (Testo Unico Ambientale).
Nel primo caso, ovvero quello in cui il residuo di produzione venga classificato come rifiuto, questo può essere gestito attraverso operazioni di smaltimento o di recupero. Il rifiuto sottoposto ad operazioni di recupero, se vengono soddisfatti i requisiti di cui all’art. 184ter del D.Lgs. 152/2006, cessa di essere rifiuto e può essere classificato come MPS (Materia Prima Secondaria), EOW (End of Waste) o come prodotto nelle forme usualmente commercializzate.
La classificazione di un materiale come MPS o EOW, dipende dalla normativa a cui si fa riferimento, ovvero:
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Il termine MPS viene utilizzato per identificare un materiale derivante dalle operazioni di recupero rifiuti disciplinate dal DM 05/02/1998 e s.m.i.;
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Il termine EOW viene utilizzato per indicare un rifiuto che ha cessato di essere tale a seguito di operazioni di recupero, in riferimento a quanto definito da Regolamenti Europei (n. 333/2011 – “rottami di ferro, acciaio e alluminio”, n. 1179/2012 – “rottami di vetro”, n. 715/2013 – “rottami di rame”).
Nel secondo caso invece, ovvero il caso in cui il materiale venga classificato come sottoprodotto, il detentore deve dimostrare che vengano soddisfatte tutte le condizioni generali di cui all’art. 184bis del D. Lgs. 152/2006, attraverso le modalità definite dal DM 13 ottobre 2016, n. 264 che ha un carattere indicativo e non vincolante (“Regolamento recante criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti”).
Uno dei requisiti fondamentali per la classificazione di un materiale come sottoprodotto, è poter dimostrare che non sia stato deliberatamente prodotto come obiettivo primario del ciclo produttivo, così come definito dall’art. 4 (comma 1) del DM 13 ottobre 2016, n. 264.
Altrettanto importante, per la qualifica di un materiale come sottoprodotto, è il rispetto dell’art. 5 del DM 13 ottobre 2016, n. 264, in cui si definisce l’importanza della certezza dell’utilizzo del sottoprodotto, ovvero che, già al momento della produzione dello stesso, siano individuati l’attività o l’impianto in cui sarà utilizzato (filiera completa dalla produzione all’utilizzo).
Il requisito della certezza dell’utilizzo, viene dimostrato dal produttore attraverso l’esistenza di un contratto con gli utilizzatori finali, riportante le informazioni di cui all’art. 5, comma 4, del DM 13 ottobre 2016, n. 264 o attraverso la predisposizione di una scheda tecnica riportante le informazioni indicate in allegato 2 del medesimo decreto.
Il contratto o la scheda tecnica (allegato 2 al DM 13 ottobre 2016, n. 264), sono documenti fondamentali per attestare la qualifica come sottoprodotto.
Divisione Ambiente e Salute