Sent Cass Pen 11603 2025 del 24 marzo 2025: Responsabilità del Committente

30/06/2025

La Corte Suprema di Cassazione si è espressa in Sezione Quarta Penale con Sentenza n. 11603/2025 del 24 marzo 2025 in merito ad una vicenda che ha riguardato un infortunio mortale sul lavoro, occorso durante attività di scavo effettuate in un giorno festivo, in assenza di Piano di Sicurezza, senza la presenza del Direttore dei lavori e in difformità rispetto al progetto esecutivo. La sentenza ha messo in evidenza plurime omissioni da parte del Committente, determinanti per l’accadimento.

Soggetti coinvolti, questioni trattate e capi di imputazione

Imputato: A.A., nella qualità di Committente dei lavori edili presso un cantiere in località S.
Persona offesa: B.B., lavoratore deceduto a seguito del cedimento di una parete terrosa durante lavori di scavo.

Altri soggetti:
 
  • D.D., escavatorista (già giudicato con sentenza irrevocabile).
  • E.E., progettista e Direttore dei lavori (assolto in primo grado).
Reato contestato: Omicidio colposo ex art. 589 c.p., aggravato dalla violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro (colpa generica e colpa specifica ex D.Lgs. 81/2008).

Esposizione dei fatti

Il fatto trae origine da un infortunio mortale sul lavoro, occorso durante attività di scavo effettuate in un giorno festivo, in assenza di piano di sicurezza, senza la presenza del direttore dei lavori e in difformità rispetto al progetto esecutivo.
B.B., operaio incaricato, operava all’interno di uno scavo realizzato con escavatore condotto da D.D., quando il cedimento della parete terrosa, priva di adeguate armature di sostegno, ne determinava la morte per soffocamento.

Le indagini hanno evidenziato plurime omissioni da parte del committente A.A., in particolare:
 
  • mancata redazione del Piano di Sicurezza e Coordinamento (art. 91, co. 1, lett. d), D.Lgs. 81/08);
  • omessa nomina del Coordinatore per la progettazione e per l’esecuzione (art. 90, co. 3 e 4, D.Lgs. 81/08);
  • omessa verifica dell’idoneità tecnico-professionale dell’impresa esecutrice (art. 90, co. 9, lett. a), D.Lgs. 81/08).

Responsabilità contestate nel dettaglio

La Corte ha riconosciuto in capo ad A.A. una posizione di garanzia quale Committente dell’opera, non delegabile né eludibile, che si è tradotta in una serie di condotte omissive rilevanti sotto il profilo penale.

In particolare:
 
  • Il committente non ha predisposto un Piano di Sicurezza, nonostante la presenza di più soggetti operanti nel cantiere, tra cui un escavatorista distinto dall’impresa esecutrice;
  • Ha permesso l’esecuzione dei lavori di domenica, senza che il Direttore dei lavori fosse stato messo a conoscenza né convocato;
  • Ha consentito l’esecuzione dell’intervento in un’area diversa da quella progettualmente prevista, a maggiore rischio per caratteristiche morfologiche e sismiche del terreno;
  • Non ha effettuato una verifica concreta delle capacità tecniche e professionali della ditta appaltatrice e di D.D., intervenuto con formula di “nolo a caldo”.

Giudizio di primo grado (Tribunale di Palmi)

La Corte d’Appello di Reggio Calabria, con sentenza del 26 marzo 2024, si è pronunciata in sede di rinnovazione del giudizio di secondo grado a seguito dell’annullamento con rinvio disposto dalla Cassazione per vizio di notifica del decreto di citazione in appello.

In riforma parziale della sentenza di primo grado, ha rideterminato la pena inflitta ad A.A., ritenendo equivalenti le circostanze attenuanti generiche e l’aggravante.

Nel merito, ha confermato la colpevolezza dell’imputato, ribadendo che:
 
  • A.A. aveva accettato che il lavoro fosse svolto senza Direttore dei lavori, in giorno festivo e in violazione del progetto;
  • Il progetto non era ancora completo; ciò avrebbe imposto al Committente l’adozione di misure cautelari ulteriori, tra cui la nomina del Coordinatore e l’elaborazione di un piano di sicurezza, anche per evitare interferenze tra le imprese operanti.

Motivi del ricorso in Cassazione

Il difensore ha presentato ricorso articolando un unico motivo di doglianza:
 
  • Violazione di legge in relazione agli artt. 133 e 589 c.p. e alle disposizioni del D.Lgs. 81/2008;
Ricordiamo che l’art. 589 c.p. riguarda l’omicidio colposo.
L’art. 589 c.p. punisce chi causa la morte di un uomo per colpa, prevedendo aggravamenti di pena nei casi in cui la colpa sia professionale o derivi dalla violazione di leggi, regolamenti, ordini o discipline.
Nel caso in esame, la responsabilità contestata è quella derivante dalla colpa professionale aggravata per violazione delle norme antinfortunistiche, con riferimento diretto al D.Lgs. 81/2008.
 
L’art. 133 c.p. riguarda la Valutazione della gravità del reato.
L’art. 133 c.p. fornisce i criteri di dosimetria della pena. Stabilisce che, nel determinare la quantità della pena, il giudice deve considerare
“la gravità del reato desunta dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall’oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità dell’azione, dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato; e dalla intensità del dolo o della colpa, nonché dalla capacità del reo di delinquere.”
 
Il difensore ha sostenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse aprioristica, in quanto fondata esclusivamente sulla qualifica di committente dell’imputato, senza valutare l’effettiva incidenza della sua condotta, e quindi violativa dell’art. 133 c.p. sotto il profilo della mancata personalizzazione della pena.
 
  • Si è sostenuto che il committente non avrebbe avuto alcun ruolo attivo nel fatto, non essendo presente al momento dell’evento;
  • Si è contestata la necessità del Piano di Sicurezza, sostenendo la presenza di una sola impresa operativa (C.C.), mentre il rapporto con D.D. sarebbe stato da qualificare come nolo a caldo (locazione con conducente, senza subappalto);
  • Si è infine eccepita l’assenza di prova circa un’ingerenza del Committente nell’attività esecutiva.

Giudizio di terzo grado (Corte di Cassazione – Sez. IV Penale)

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicando le doglianze manifestamente infondate, sia sotto il profilo della violazione di legge, sia sotto quello della motivazione. Il ricorrente, infatti, aveva fondato il proprio motivo di impugnazione sull’assunto che la sua mera qualifica di Committente non potesse costituire, di per sé, un fondamento sufficiente per affermarne la responsabilità penale, e che le violazioni contestate fossero inapplicabili per insussistenza dei presupposti normativi.
 
La Suprema Corte ha tuttavia operato una puntuale disamina dei doveri prevenzionistici gravanti sul Committente, confermando che la sua posizione non è meramente formale ma fonte autonoma di responsabilità, in quanto espressamente delineata dal D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, agli artt. 90 e 91.
In primo luogo, la Corte ha smentito l’assunto difensivo secondo cui, nel caso di specie, non sarebbe stato necessario nominare il Coordinatore per la progettazione né redigere il Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC). Secondo l’impostazione del ricorrente, infatti, vi sarebbe stata una sola impresa esecutrice (la ditta C.C.), e il rapporto con D.D. (escavatorista) avrebbe dovuto qualificarsi come “nolo a caldo”, cioè una prestazione accessoria e non integrante un’autonoma attività d’impresa nel cantiere.
 
Tale ricostruzione è stata però respinta dalla Corte, la quale ha osservato che, nella realtà dei fatti accertata dai giudici di merito, vi era una pluralità di soggetti operanti nel cantiere, come tale idonea ad attivare gli obblighi prevenzionistici rafforzati previsti per i cantieri temporanei o mobili.
 
In particolare, la Corte ha richiamato:
 
  • Art. 90, co. 3 e 4, D.Lgs. 81/08, che impone al Committente la nomina del Coordinatore per la progettazione e per l’esecuzione qualora nel cantiere sia prevista la presenza, anche non contemporanea, di più imprese esecutrici;
  • Art. 91, co. 1, lett. d), che impone al Coordinatore di predisporre il PSC, obbligatorio ex art. 100 D.Lgs. 81/08 nei casi di presenza plurima di imprese;
  • Art. 90, co. 9, lett. a), che pone in capo al Committente l’obbligo di verifica dell’idoneità tecnico-professionale sia delle imprese sia dei lavoratori autonomi incaricati. 
Pertanto la Corte ha affermato che l’omessa valutazione del concreto assetto organizzativo del cantiere da parte del Committente costituisce colpa specifica, aggravata dal fatto che:
 
  • L’intervento si è svolto in difformità rispetto al progetto esecutivo e senza informare il direttore dei lavori;
  • Lo scavo è stato eseguito di domenica, in un contesto non supervisionato e in un’area più pericolosa rispetto a quella originariamente indicata;
  • La scelta dell’impresa e del soggetto incaricato dell’escavatore è avvenuta senza alcuna verifica concreta delle competenze e della struttura organizzativa, fondata esclusivamente su rapporti personali di conoscenza.
Sotto tale profilo, la Corte ha ribadito l’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità secondo cui la responsabilità del Committente non può essere esclusa sulla sola base della separazione formale delle imprese coinvolte, né dalla sua assenza fisica dal luogo dell’infortunio, laddove egli abbia assunto decisioni organizzative rilevanti o abbia tollerato l’esecuzione dell’opera in condizioni di insicurezza note o facilmente percepibili.
 
È stato altresì respinto l’argomento secondo cui la condotta della vittima (che aveva deciso autonomamente di lavorare nel giorno festivo e in un’area diversa da quella progettata) avrebbe avuto carattere abnorme, idoneo a interrompere il nesso causale. La Corte ha riaffermato che, in materia di prevenzione infortuni, le norme tutelano anche l’errore del lavoratore, e che il comportamento imprudente dell’infortunato non vale ad escludere la responsabilità del garante, se ricade nell’area del rischio tipico della lavorazione.
 
L’unico comportamento davvero interruttivo del nesso causale è quello eccentrico e totalmente estraneo alla lavorazione affidata, condizione non ricorrente nel caso di specie.
 
Infine, in relazione all’art. 133 c.p., la Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello sia pienamente conforme ai parametri normativi, in quanto ha considerato:
 
  • la gravità dell’evento;
  • l’intensità della colpa;
  • la condotta post-factum dell’imputato;
  • e le modalità attraverso le quali si è realizzata la violazione delle regole cautelari.
Alla dichiarazione di inammissibilità ha fatto seguito la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000 alla Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.

Precedenti giurisprudenziali e massime richiamate

  • Cass. Pen., Sez. 3, n. 6884/2009, Rv. 242735: il Committente è obbligato a cooperare nell’attuazione delle misure di prevenzione anche in presenza di appaltatore formalmente autonomo.
  • Cass. Pen., Sez. 4, n. 5946/2020, Rv. 278435: la responsabilità del Committente si fonda sulla valutazione concreta dell’ingerenza e delle scelte organizzative.
  • Cass. Pen., Sez. 3, n. 35185/2016, Rv. 267744: l’omessa verifica dell’idoneità professionale comporta responsabilità anche per infortunio mortale.
  • Cass. Pen., Sez. 4, n. 27871/2019, Rv. 276242: il rischio eccentrico può escludere la responsabilità solo ove l’evento sia totalmente al di fuori dell’ambito operativo del garante.

Conclusioni

La sentenza n. 11603/2025 costituisce un’ulteriore conferma dell’orientamento rigoroso adottato dalla giurisprudenza di legittimità in materia di responsabilità del committente.

Ribadisce che gli obblighi in materia di sicurezza non si esauriscono nella selezione dell’appaltatore, ma impongono un dovere attivo di controllo, coordinamento e vigilanza, specie in caso di lavorazioni a rischio.
Il ruolo del Committente, come delineato dal D.Lgs. 81/2008, si colloca nell’ambito della prevenzione partecipata, e ogni tolleranza a esecuzioni difformi o disordinate costituisce una colpa omissiva penalmente rilevante, ove abbia concorso causalmente all’evento.
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