Sentenza Cassazione Penale, Sez. IV, 22 novembre 2023, n. 46855: Caduta mortale dall’alto e responsabilità del Preposto

22/01/2024

La vicenda processuale richiamata dalla sentenza di Cassazione Penale, sez. IV, del 22 novembre 2023, n. 46855, trae origine dall'infortunio mortale occorso ad un lavoratore a seguito della caduta da una altezza di 10 metri, durante lo svolgimento di lavori di rimozione di lastre di eternit poste a copertura di capannoni industriali.

A fronte dell’episodio venivano ravvisate violazioni delle norme cautelari da parte del Preposto, con funzioni di Capocantiere, richiamate agli artt. 111 (Obblighi del datore di lavoro nell’uso di attrezzature per lavori in quota), 115 (Sistemi di protezione contro le cadute dall’alto), 148 (Lavori speciali su lucernari, tetti, coperture e simili), art. 18, comma 1, lett. f) (per inosservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme e disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione) e art. 19 (attribuzioni e competenze del Preposto) del D.Lgs. n. 81 del 2008, in ragione della riscontrata carenza di presidi di sicurezza contro la caduta dall'alto, sia di tipo collettivo (ponteggi, reti di sicurezza, tavole) che individuali (linea vita, cinture di sicurezza) .

I giudici di merito (Tribunale / Corte di appello) avevano contestato i reati di cui all’art. 589 c.p. commi 1 e 2 (omicidio colposo commesso con l’aggravante della violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena) e art. 61 c.p. n.3 (per aver agito nonostante la previsione dell'evento, essendo stato avvisato il giorno prima dal Responsabile della sicurezza di cantiere della necessità di sospendere le attività per insufficienza degli apprestamenti anticaduta).

Avverso la sentenza d'appello l'imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per Cassazione articolato in un unico motivo eccependo manifesta illogicità della motivazione in ordine alla prova dell'avvenuto svolgimento delle mansioni di Preposto e di Capocantiere, dichiarando di non disporre di adeguata preparazione per lo svolgimento di detto ruolo di garanzia, di non aver mai ricevuto un corrispondente inquadramento all’interno della ditta essendo stato assunto come tecnico commerciale e di non aver mai sottoscritto il piano operativo di sicurezza (P.O.S.). Per tali ragioni non sarebbe legittimo prospettare l’integrazione della condotta criminosa a lui attribuita.

La Corte si esprime in relazione alle doglianze presentate ritenendo infondato il ricorso per i seguenti motivi:
 
  1. Un'identica doglianza era già stata dedotta nel giudizio di appello per cui è da considerare inammissibile il ricorso per Cassazione che riproduce e reitera, senza nuove argomentazioni, gli stessi motivi prospettati con l'atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, come da consolidato orientamento della Corte di legittimità.
  2. Nei precedenti gradi di merito era stato adeguatamente dimostrato come il soggetto ricoprisse in modo inequivocabile la qualifica di Preposto (come indicato nel P.O.S.), avendo ammesso l’imputato la nomina come Responsabile di cantiere. Inoltre era stata documentata una adeguata competenza tecnica del soggetto avendo lo stesso ricevuto una formazione specifica da parte della società di cui era dipendente, era inquadrato in organigramma come funzionario di ufficio tecnico, disponeva dei documenti relativi allo stato di avanzamento lavori ed era solito relazionarsi con il Committente e impartire direttive ai lavoratori.
  3. I giudici di Cassazione infine ribadiscono come non possono sovrapporre la propria valutazione a quella già espressa dai giudici di merito circa l’affidabilità delle fonti di prova ma solo pronunciarsi circa la completezza dell’esame degli elementi di giudizio e se i giudici abbiano fornito corretta interpretazione a detti elementi e abbiano espresso logiche argomentazioni a sostegno, come nel caso discusso.
 
Link alla sentenza.
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